1. Premessa - 2. La natura dell'assegnazione della casa coniugale alla luce della sentenza della Corte Cass. civ., Sez. III, 31 gennaio 2012, n. 1367 - 3. Sull'efficacia esecutiva dei provvedimenti di assegnazione e revoca dell'assegnazione della casa coniugale - 4. Profili di criticità della sentenza della Corte Cass. civ., Sez. III, 31 gennaio 2012, n. 1367 - NOTE
La Corte Cass. civ., Sez. III, con la sent. 31 gennaio 2012, n. 1367 ha affrontato un tema nuovo relativo all’efficacia esecutiva del provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa coniugale. La Corte ha affermato la natura speciale del diritto di abitazione della casa familiare, la quale non esiste senza allontanamento dalla casa familiare di chi non ne sia titolare (nel caso dell’attribuzione) e che, quando smette di esistere con la revoca, determina una situazione eguale e contraria in capo a chi lo abbia perduto, con conseguente necessario allontanamento dello stesso. In base alla sentenza tale natura consente al provvedimento/sentenza di essere eseguito per adeguare la realtà al decisum, anche se il profilo della condanna non sia esplicitato, proprio in quanto la condanna al rilascio è implicita, essendo connaturata al diritto, sia quando esso viene attribuito, sia quando viene revocato. Il caso riguarda un processo di separazione giudiziale dei coniugi, nel cui corso il tribunale, con la sentenza che definiva il giudizio, revocava l’assegnazione della casa familiare alla moglie, modificando la precedente ordinanza presidenziale che aveva disposto tale assegnazione alla moglie medesima. Il marito notificava alla coniuge l’atto di precetto per il rilascio dell’immobile, unitamente alla sentenza di primo grado munita di formula esecutiva (già confermata in sede di appello). La moglie proponeva opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c., lamentando la carenza del titolo esecutivo, privo dell’ordine di rilascio dell’immobile. Nel contraddittorio il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Casarano, in persona del giudice monocratico, rigettava l’opposizione (sent. 18 dicembre 2008). Avverso la suddetta sentenza, la moglie proponeva ricorso per cassazione con unico motivo, corredato da quesito. La Corte di Cassazione rigettava il ricorso; compensando integralmente le spese tra le parti attesa la novità della questione di diritto trattata, mai affrontata dalla giurisprudenza di legittimità. La questione, ripetesi, è relativa alla circostanza se la revoca dell’assegnazione della casa familiare – disposta, con provvedimento presidenziale o del giudice, o con sentenza, allorché non contenga esplicitamente la condanna al rilascio – sia, o meno, titolo idoneo per [continua ..]
La sentenza in esame affronta nuovamente il tema della natura dell’assegnazione della casa coniugale. Fin dal periodo in cui l’assegnazione della casa familiare era regolata unicamente in tema di separazione personale si è andata affermando un’opinione secondo la quale il diritto dell’assegnatario avrebbe avuto natura reale. In particolare vi era chi reputava che il diritto in parola fosse un vero e proprio diritto reale di abitazione (e di uso dei mobili in arredo alla casa). L’introduzione, nel 1987, all’art. 6, 6° comma, l. divorzio n. 898/1970, dell’espressa previsione tanto della possibilità di trascrivere l’assegnazione della casa, quanto di opporla al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 c.c., poi, ha nettamente modificato la disciplina di riferimento. La novellazione, da un canto ha aggiunto un argomento testuale a favore della natura personale del diritto di godimento dell’assegnatario, e, d’altro canto, sancendo esplicitamente la trascrivibilità e assegnabilità del diritto dell’assegnatario, ha tolto dal campo alcuni dei problemi pratici, tra quelli che esigevano la soluzione della questione sulla natura del diritto medesimo. Di recente la natura del diritto dell’assegnatario della casa familiare è stata messa nuovamente in discussione, in conseguenza dell’entrata in vigore della l. n. 54/2006, e in forza di essa, dell’introduzione nel codice civile del nuovo art. 155 quater [70]. Vi è stato, così, chi, nel rinvio disposto dal recente art. 155 quater c.c. all’art. 2643 c.c. ai fini della trascrizione, ha letto un nuovo argomento a favore della natura reale del diritto dell’assegnatario [71]. Peraltro è stato da altra dottrina osservato, che il rinvio all’art. 2643 c.c. non è un argomento determinante per affermare la natura reale del diritto dell’assegnatario, poiché nel catalogo degli atti soggetti a trascrizione ai sensi dell’art. 2643 c.c. compaiono atti idonei a costituire non diritti reali, ma unicamente diritti personali di godimento. L’art. 155 quater c.c. nella sua formulazione introduce invero una distinzione tra assegnazione della casa familiare e attribuzione del diritto di godimento. Il diritto di godimento ha il suo fondamento nell’interesse della prole prioritariamente tutelato. Detto [continua ..]
La Suprema Corte procedendo dall’analisi della natura dell’assegnazione della casa coniugale in merito all’attribuzione della stessa, precisa che «il diritto non può venire ad esistenza se non si accompagna all’allontanamento dalla casa familiare dell’altro coniuge. Se non c’è l’allontanamento (il rilascio) da parte dell’altro coniuge, non manca solo la possibilità di esercitare un diritto (in astratto esistente sulla carta); manca il diritto stesso, essendo il godimento esclusivo l’unico contenuto della assegnazione». Tale statuizione ai fini esecutivi comporta la sua eseguibilità «(in via breve, tramite l’ufficiale giudiziario, o mediante normale procedura di esecuzione forzata) (Cass. 1 settembre 1997, n. 8317)» essendo la condanna implicita, e si riporta al consolidato orientamento di legittimità per il quale «l’ordinanza attributiva del diritto ad uno dei coniugi di abitare la casa familiare è soggetta, in mancanza di spontaneo adempimento, ad esecuzione coattiva (in via breve, tramite l’ufficiale giudiziario, o mediante normale procedura di esecuzione forzata) (Cass. 1 settembre 1997, n. 8317)». Dunque sotto il profilo dell’esecuzione costituisce titolo esecutivo per il rilascio il provvedimento presidenziale ex art. 708 c.p.c., indipendentemente dalla condanna al rilascio, con riguardo alle statuizioni concernenti l’assegnazione della casa coniugale, in quanto avendo funzione di assicurare il godimento dell’immobile destinato ad abitazione familiare, esso ha idoneità a consentire l’immissione nel possesso del ben al coniuge assegnatario, così consentendo di dare attuazione al diritto riconosciuto [75], ovvero alla normale procedura di esecuzione forzata. Nella prima ipotesi giudice competente per l’esecuzione sarà quello che ha emesso il provvedimento (o quello competente per il merito se è iniziato il relativo giudizio), mentre nella seconda ipotesi la competenza si radica in capo al giudice dell’esecuzione [76]. La Corte rammenta che anche in origine, in un contesto ordinamentale di non generale esecutività delle sentenze non passate in giudicato, la disposizione attributiva di efficacia esecutiva espressamente riferita solo ai provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse dei [continua ..]
La sentenza in esame, superate le sopra esposte criticità circa l’individuazione del bene, non è stata esente da critiche [85] che hanno preso le mosse proprio dal principio per cui il provvedimento di revoca deve essere analizzato in un’ottica non parziale, e per il quale il conferimento e la revoca dell’assegnazione abbiano ad oggetto lo stesso diritto, rispetto ai quali la condanna al rilascio prende direzioni diverse. Viene al riguardo eccepito che non possa estendersi alla revoca il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità per il quale per l’esecuzione dei provvedimenti temporanei e urgenti, adottati dal presidente del tribunale o dal giudice istruttore nel procedimento di separazione personale, siano soggetti, in mancanza di spontaneo adempimento, ad esecuzione coattiva in via breve, a mezzo dell’ufficiale giudiziario competente, salvo che il beneficiario del provvedimento preferisca avvalersi, come gli è alternativamente consentito, della normale procedura di esecuzione forzata (si veda Cass. 1° settembre 1997, n. 8317, nonché Cass. n. 5696/1984). Tale è l’orientamento seguito anche dalla giurisprudenza di merito per l’assegnazione [86], ma secondo altro orientamento di merito, l’efficacia esecutiva del provvedimento di assegnazione va circoscritta nei soli confronti dell’altro coniuge [87]. Si è eccepito che l’effetto del provvedimento di revoca è solo quello di rimuovere l’esclusiva nel godimento del bene, già riconosciuta a favore dell’assegnatario, ma non quello di imporre a quest’ultimo tout court – per di più in via implicita – un preciso e univoco comportamento (di rilascio). Ciò in quanto la revoca non ha come unico effetto il rilascio dell’immobile da parte del non assegnatario, anzi potrebbe non prevederlo e determinarlo affatto. Potrebbe infatti essere legittimo il comportamento dell’ex assegnatario, che pretenda di continuare a occupare l’immobile in forza di un proprio titolo di godimento, senza che questo risulti espressamente dal provvedimento di revoca. Occorre quindi partire dal titolo del godimento del bene. Nell’ipotesi di casa di proprietà esclusiva del non assegnatario, che quindi con la revoca vede eliminato il vincolo di carattere eccezionale al suo diritto, la [continua ..]