Ogniqualvolta i genitori non riescono ad accordarsi sull’affidamento e il diritto di visita la CTU si rivela determinante nei processi di diritto di famiglia. Per tale motivo i consulenti tecnici d’ufficio devono garantire il rispetto delle regole procedurali e del principio del contraddittorio, essendo ed apparendo indipendenti, imparziali e terzi rispetto alle parti ed ai loro consulenti tecnici. L’articolo esamina le diverse fasi della consulenza d’ufficio (nomina, quesito, relazione, ascolto del minore) concentrandosi sugli aspetti critici e rilevando che i consulenti d’ufficio dovrebbero astenersi da accettare incarichi anche come consulenti di parte nel medesimo circondario ove operano, evidenziando un’incompatibilità di ruoli assimilabile a quella prevista per gli avvocati che operano come magistrati onorari.
Whenever parents cannot find an agreement on custody and right of access CTU (court – appointed expertise) is a key aspect of family law trials. That is why court – appointed consultants must guarantee the respect of procedural rules and the adversarial principle, being and appearing independent, impartial and third from the parts and their technical advisors. The article focuses on different phases of technical operations (appointment, query, report, hearing of the child) analysing critical aspects and observing that court appointed experts should avoid to be consultants of the parts in the same court district, representing a sort of incompatibility comparable to lawyers operating as honorary magistrates.
1. Premessa - 2. Lo svolgimento della consulenza - 2.1. Nomina del CTU - 2.2. Quesito - 2.3. Verbale delle operazioni peritali e audio-videoregistrazioni - 2.4. La stesura della relazione - 2.5. Test - 2.6. L’ascolto del minore - 2.7. L’incompatibilità tra CTU e CTP - 2.8. Relazione fra CTU, Servizi Sociali e terapeuta - 3. Conclusioni e criticità - NOTE
La CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) è lo strumento centrale in tutti quei processi nei quali si richiede una competenza tecnica specifica che né le parti (e i loro procuratori) né il giudice possono avere. Si tratta, pertanto, di un mezzo attraverso il quale poter sostenere le proprie ragioni con argomentazioni dotate del tecnicismo del caso. Nel diritto di famiglia la consulenza (accanto alla relazione dei servizi sociali) sulle questioni genitoriali e di filiazione in genere è prepotentemente diventata centrale e determinante per le decisioni sull’affidamento e sul diritto di visita nei casi in cui i genitori non siano riusciti a trovare un accordo. Pertanto, è evidente che diventa di fondamentale importanza esaminare le modalità, i criteri, la metodologia che viene seguita nell’espletamento e nella redazione della consulenza. Non possiamo, infatti, dimenticare che la consulenza si esplica nell’ambito di un procedimento giudiziario: pertanto occorre pur sempre “garantire”, anche nella consulenza, il giusto processo e il pieno contraddittorio delle parti. È richiesto, infatti, che tutte le parti siano messe nella condizione di poter vagliare sia il corretto svolgimento dell’iter valutativo, inteso come intervento diagnostico (letteratura metodologica) sia il rispetto delle norme processuali previste dal codice. Nell’espletamento delle consulenze (così come nelle relazioni dei servizi sociali) non vi è alcuna omogeneità e spesso si assiste a prassi differenti non solo tra diversi tribunali, ma addirittura anche all’interno del medesimo tribunale tra i vari giudici, anche appartenenti alla stessa sezione. Per tali ragioni in molti tribunali si è arrivati alla sottoscrizione di protocolli e/o linee guida che hanno il compito di orientare il lavoro degli esperti. Di seguito verranno illustrati i momenti salienti e maggiormente critici delle consulenze.
La CTU si articola in passaggi, ciascuno dei quali dà avvio a distinte fasi.
L’esperto, che deve possedere una speciale competenza [1], è scelto tra quelli iscritti ad un albo (nel quale dovrebbe essere indicato il percorso di studi, il curriculum e la specializzazione) e, dopo aver prestato giuramento, dovrebbe anche indicare al giudice e alle parti: – la metodologia di intervento per dare esecuzione al mandato; – il calendario degli incontri e degli accertamenti con la precisazione se ritiene necessario visite domiciliari, scolastiche, colloqui con familiari o altro; – le modalità di documentazione delle singole operazioni; – le osservazioni o le integrazioni al quesito e la richiesta di un Ausiliario o di eventuale altro CTU specialista.
Il quesito posto dal giudice al CTU è di vitale importanza. Il quesito orienta il CTU nelle scelte metodologiche e sostanziali della consulenza: determina il contenuto dell’operato del CTU e porta il tecnico a predisporre risposte adeguate a quanto richiesto dal giudice. L’atteggiamento dei consulenti di fronte ai quesiti è duplice: ci sono CTU che “restano attaccati” a quanto richiesto dal giudice e CTU invece che “spaziano” in ogni direzione, ampliando anche le indagini al di fuori delle richieste [2]. In questo contesto la responsabilità del quesito è tutta nelle mani del giudice: un “buono” o un “cattivo” quesito orienta la consulenza ed è pertanto fondamentale che il quesito sia corretto, cioè legato al caso concreto, non generico, ben circostanziato, più legato alle relazioni familiari intercorrenti tra le parti che ad una generica valutazione della “genitorialità”. Ogni incarico di mediazione, di supporto, di terapia o di “monitoraggio” esula dalla consulenza e deve essere assolutamente escluso essendo il compito del CTU quello di “valutare” le parti per offrire al giudice gli strumenti per emanare una decisione sufficientemente adeguata ai diritti di tutte le parti, non per dare al giudice la “risposta” e la soluzione del caso. La CTU dovrebbe essere “uno” degli elementi che insieme alle “altre” risultanze probatorie, deve portare il giudice a fondare la decisione. Il CTU, una volta esaminato il quesito e gli atti, dovrebbe poter formulare le proprie istanze e/o eccezioni al giudice, nel contradditorio delle parti, nell’ipotesi in cui ritenesse di dover modificare le domande.
Nello svolgimento della consulenza si assiste, quasi costantemente, ad una totale assenza della redazione del verbale delle operazioni peritali, nonché della sottoscrizione delle dichiarazioni delle parti. Anzi, nel confronto con i consulenti essi sostengono che la complessità delle operazioni che svolgono, non gli consentirebbe di redigere un verbale. La richiesta di redazione del verbale è spesso contrastata ed è “sentita” come una “ingerenza” in un compito (quello clinico-diagnostico) “riservato” ai tecnici. È, invece, evidente che il verbale delle operazioni peritali è richiesto dal codice e consente alle parti di verificare il corretto svolgimento della consulenza nel rispetto del principio del contradditorio. Una modalità che può garantire tale principio è la audio – videoregistrazione degli incontri e delle sedute. E con tale modalità, la garanzia del corretto svolgimento di ogni fase della consulenza è assolutamente tutelata. Verbali e registrazioni dovrebbero essere consegnati di volta in volta ai difensori e ai consulenti di parte: ciò consente alle parti di partecipare attivamente allo svolgimento della consulenza e mette in condizione il difensore di intervenire tempestivamente onde evitare nullità e/o irregolarità nello svolgimento delle operazioni peritali. È auspicabile, quindi, che il CTU registri con modalità audio, o audio video, tutte le sedute e rediga un verbale sintetico contenente l’oggetto e il tipo di incontro (colloquio singolo, di coppia, intervista struttura, incontro coi figli) le parti che vi hanno partecipato e le osservazioni o suggerimenti dei consulenti di parte ed i rilievi del CTU nonché le dichiarazioni delle parti. Grazie a questa interlocuzione, la garanzia del contraddittorio è rispettata. Nel verbale devono anche essere indicate le singole operazioni svolte di volta in volta.
Il CTU predispone una bozza della relazione peritale da consegnare ai CCTTPP e ai difensori contenente: – l’incarico/quesito; – la metodologia utilizzata; – il calendario peritale; – l’elenco delle persone e strutture coinvolte; – l’istanza di liquidazione; – l’elenco documentazione; – i colloqui individuali e di coppia svolti; – somministrazione di Test e questionari di personalità (MMP e simili); – indagini socio ambientali del contesto fisico e relazionale nel quale è inserito il minore abitazione scuola, parenti (nonni, ecc.), ambienti con cui è in contatto come ass. sportive frequentate. La relazione finale conterrà anche le osservazioni dei CCTTPP e le risposte alle eccezioni dei CCTTPP.
Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alla questione dei test che vengono somministrati e alla loro valenza scientifica. Si ricorda che il test di Rorschach, il cui uso nelle consulenze dei nostri tribunale appare predominante, è attaccato dai suoi “detrattori” perché “carente” sotto vari profili; non vi sarebbe consenso unanime presso la comunità scientifica circa la sua attendibilità come strumento di descrizione della personalità ed il tasso di errore sarebbe incredibilmente alto (prossimo al 91%) e non vi sarebbe solida peer review [3]. Il test di Rorscharc, così come quelli sulla personalità, vengono comunemente usati da personale anche non specialistico e, a volte (relazioni dei servizi sociali), anche senza preventiva comunicazione. Sarebbe auspicabile che per effettuare i test ci fosse un consenso informato della persona cui sono rivolti, e che il valutatore sia soggetto ad obblighi etici stringenti: qualificazione professionale, training, formazione continua [4].
Altro momento di particolare delicatezza della CTU è l’informazione e la preparazione del minore, nel caso in cui dovesse essere ascoltato/sentito dal CTU. Come previsto dalle disposizioni delle convezioni Internazionali e dai codici deontologici, il CTU deve informare il minore, con modalità adeguate alla sua età e maturità, del suo diritto ad essere ascoltato e dovrà quindi verificare che tipo di comprensione ha il minore in merito alla vicenda familiare. Tema delicato è la modalità con cui il minore dovrà essere ascoltato: se direttamente dal CTU e senza la presenza di altre persone ovvero tramite lo specchio unidirezionale. La scelta dovrà essere effettuata nel contradditorio delle parti, con l’avvertenza che né i CTP né i difensori possono incontrare da soli i minori.
Il CTP (Consulente Tecnico di Parte) coopera al corretto espletamento delle operazioni peritali, assiste la parte e presta attenzione alla coerenza del metodo utilizzato, alle risultanze dei colloqui e alle valutazioni testistiche. Quello del CTP è un ruolo centrale poiché ha un compito che lo assimila a quello del legale avendo la funzione di assistere la parte che lo ha nominato con le proprie competenze e cognizioni tecniche. Egli non dovrà limitarsi a fornire un ausilio tecnico in ordine ai fatti oggetto della consulenza tecnica, ma anche quello di assistere la parte con suggerimenti e valutazioni obiettive nelle scelte da operare per la ricerca della migliore soluzione del caso concreto. Chiaramente, data la inevitabile differenza di ruolo e funzioni del CTP e del CTU (assistenza di una parte, l’uno, imparzialità l’altro) sussiste, a mio parere, una incompatibilità tra il ruolo di CTP e CTU data da problemi legati ad un rischio di non imparzialità e obiettività del CTU che assume in “altra” causa funzione di CTP nello stesso circondario del tribunale. Invero, il CTU è ausiliario del giudice e, dunque allo stesso si applicano le norme sulla astensione e ricusazione, per cui è inevitabile il ruolo terzo ed imparziale che non può che perdersi quando si assume la funzione di CTP. Da più parti si assiste spesso alla situazione per la quale professionisti che nel medesimo pomeriggio svolgono prima la funzione di CTU e, poco dopo, esplicano la funzione di CTP in altre cause: ciò genera confusione di ruoli e obiettivi da raggiungere e nella parte la convinzione di poter esercitare maggiori “pressioni”. Del resto, anche l’avvocato che assume funzioni di magistratura, esercita il proprio ruolo al di fuori del circondario del tribunale di appartenenza professionale e ciò proprio per fugare ogni possibile dubbio di imparzialità. I professionisti che esercitano la funzione di CTU in genere assumono anche funzioni di CTP e non ritengono affatto che ci possa essere incompatibilità. A mio parere, invece, la situazione è delicata, trattandosi anche di esercizio da parte del CTU di una funzione di ausiliario del giudice. Anche senza voler dubitare della capacità del CTU quale professionista, è notorio che il Magistrato non deve solo essere indipendente ma deve anche apparire come [continua ..]
Altra problematica non infrequente nel diritto di famiglia si genera quando vi sia una sovrapposizione di interventi tra CTU e servizi sociali. È necessario, infatti, che sia previsto un coordinamento tra i due tipi di intervento che eviti l’assunzione di provvedimenti tra loro contrastanti. Può verificarsi l’ipotesi che il giudice disponga l’intervento dei servizi sociali dopo il deposito della relazione peritale ed in tale situazione è oltremodo opportuno che i servizi sociali siano messi nella condizione di avere la consulenza poiché essi operano successivamente alla CTU dove vi è già stata una valutazione. Se però viene disposta la CTU in situazioni in cui già esiste l’intervento dei S.S. occorre procedere alla sospensione dell’attività dei Servizi se incompatibili con l’intervento del CTU; a sua volta, se si tratta di situazione già seguita dai servizi è opportuno che la parte lo comunichi al giudice per acquisire subito informazioni. Ipotesi frequente è che il minore sia già seguito da un terapeuta incaricato dai genitori prima dell’esperimento della consulenza tecnica d’ufficio: in tal caso, il CTU potrà valutare di mettersi in contatto con il terapeuta del minore (pubblico o privato) previo assenso di entrambi i genitori, per evitare sovraccarico emotivo dovuto agli interventi.
Il rischio concreto (considerato che l’attività istruttoria testimoniale è fortemente compressa dal potere del giudice di non ammetterla) di un processo fatto solo di perizie necessita che la CTU si svolga con le garanzie del giusto processo, nel pieno rispetto del contraddittorio e della necessità di una indagine valutativa oggettiva e non discrezionale. L’obbiettivo è quello di assicurare una concreta imparzialità, equidistanza, terzietà di valutazione e rispetto del contradditorio nelle operazioni peritali, ciò a salvaguardia dell’interesse preminente del minore nei cui confronti si producono gli effetti della consulenza, oltre che dell’interesse delle parti ad una corretta ed oggettiva valutazione. Il rispetto delle norme processuali è dunque fondamentale per la garanzia di un giusto processo e tale necessità è maggiormente sentita sia perché relativa alla sfera relazione della persona – essere umano – (affetti e relazioni diritti fondamentali – costituzionalmente garantiti – diritti della persona) sia per la componente soggettiva/discrezionale che incide sul percorso valutativo. Si tratta pur sempre di casi complicati, poiché altrimenti non si sarebbe resa necessaria una CTU. Infatti, il caso tipico è quello di situazioni che coinvolgono disagi psicologici e situazioni limite determinate anche da varie cause patologiche: problemi di dipendenza da alcool o droga, disturbi della personalità, comportamenti manipolatori e/o violenti. Ebbene, data tale particolare delicatezza vi è una discrezionalità importante del perito e già il fatto che egli debba indicare il metodo di valutazione al momento dell’incarico pone domande sull’attendibilità della valutazione stessa. La valutazione delle capacità genitoriali è fortemente condizionata da un’importante componente di discrezionalità del valutatore CTU, sia attraverso i colloqui clinici e sia con la somministrazione dei test MMS, discrezionalità che il difensore si trova a dover osservare ogni qualvolta esamina una perizia. La delicatezza di tali valutazioni è data dal fatto che il contributo delle scienze sociali – sovente – è ben al di sotto della soglia minima perché si possa parlare di applicazione di una benché [continua ..]