Report del gruppo di lavoro in assemblea plenaria.
- 1. Responsabilità genitoriale e bigenitorialità - 2. Le norme comunitarie e il diritto europeo - 3. L'affidamento dei figli - 4. Il collocamento del minore nell'affido bigenitoriale - NOTE
Dalla riunione del gruppo in sede plenaria sono emerse sull’argomento le seguenti posizioni in merito ai temi della responsabilità genitoriale, dell’affidamento e del collocamento.
La prima riflessione emersa nel gruppo si è incentrata sulla famiglia, che è stata, con il trascorrere del tempo, oggetto di continui cambiamenti dovuti alle trasformazioni sociali e culturali susseguitesi storicamente. La grande famiglia patriarcale ha lasciato il posto ad un’altra famiglia più contenuta, più basata sugli affetti, che è diventata per molti un’istituzione primaria e naturale: la famiglia nucleare, intendendosi come tale quella formata da una coppia eterosessuale, coniugata o convivente e con figli biologici. Dalla metà degli anni ’60 si sono poi verificate ulteriori trasformazioni, fino ad arrivare ai giorni nostri dove forme familiari non tradizionali arricchiscono la realtà sociale per la loro variabilità e complessità. Oggi la genitorialità sempre più spesso può non convergere con la coniugalità, la genitorialità biologica non necessariamente si riallaccia a quella socio-affettiva e i ruoli familiari non sono sempre determinati dai ruoli di genere. Si è ribadita l’importanza della nascita di un figlio, che rappresenta un evento fondamentale per la vita di ogni essere umano; diventare genitori è, infatti, una tappa considerata fondamentale nell’acquisizione dello status di adulto, che implica una ridefinizione totale dell’identità personale. Giova ricordare che il termine genitore deriva dalla lingua latina (gigno, part. pass. genitus) ed è colui che è stato generato e che a sua volta genera, e si fa dunque portatore di una trasmissione generazionale di umanità. I componenti del gruppo di lavoro hanno evidenziato e convenuto che, nella moderna evoluzione della cultura occidentale, il concetto di genitorialità si è modificato, ritenendosi “genitore” colui che esercita il parenting, cioè quell’insieme di comportamenti che attengono alle capacità di proteggere un figlio e sostenerne lo sviluppo. La genitorialità, pertanto, si identifica come capacità di espletare il ruolo di genitore, attraverso l’adozione di un comportamento finalizzato a nutrire, accudire, proteggere, dare affetto e sostegno, educare, promuovere l’autonomia e l’indipendenza della prole. Si è messo poi in luce che diventare [continua ..]
Il gruppo di lavoro ha preso poi in esame le norme comunitarie e il diritto europeo, la cui applicazione al diritto nazionale è oggi imprescindibile. Si è posto l’accento sull’abrogato Reg. CE n. 1347/2000, che non conteneva una definizione di responsabilità genitoriale e riteneva che essa dovesse essere determinata con riferimento alla lex fori, con il rischio di pregiudicare l’interpretazione uniforme del campo applicativo del Regolamento. L’entrata in vigore il 1° marzo 2005 del Reg. CE n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, ha abrogato il Reg. CE n. 1347/2000 e all’art. 2 n. 7 definisce la responsabilità genitoriale come «i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni del minore». Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita. Si è preso in considerazione, inoltre sotto il profilo del diritto europeo, il lavoro della Commission on European Family Law (CELF) del 2007 che ha presentato i principi di diritto europeo della famiglia sulla responsabilità genitoriale, volti a favorire il processo di armonizzazione in tale materia. Anch’essi contengono una definizione di responsabilità genitoriale, intesa come «l’insieme di diritti e doveri finalizzati a soddisfare e garantire l’interesse del minore. Essa comprende in particolar modo: a) la cura, la tutela e l’educazione; b) la conservazione dei rapporti personali; c) la fissazione della residenza; d) l’amministrazione del patrimonio; e) la rappresentanza legale». Il Reg. CE n. 2201/2003 ha introdotto una disciplina sul piano della responsabilità genitoriale precisando e ribadendo che i diritti dei figli minori debbono essere garantiti a prescindere dalla relazione di coniugio o meno dei loro genitori; principio espresso anche dalla nostra Costituzione e dalla Corte costituzionale, secondo cui «la condizione giuridica dei genitori tra di loro, in relazione al vincolo coniugale, non può determinare una condizione deteriore per i figli» [46]. Si è anche ricordato che la Corte di Strasburgo [continua ..]
Dopo aver affrontato il tema della genitorialità, e alla luce del predetto concetto così come interpretato, il gruppo di lavoro ha sottolineato l’importanza che la responsabilità genitoriale non muti nei confronti dei figli minori al momento e dopo il processo separativo, ritenendo necessario che i nostri clienti/genitori distinguano il rapporto con i figli da quello di coppia entrato in crisi, e mantengano la condivisione delle responsabilità genitoriali. Resta anzitutto fermo il fondamentale obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole; ciò che muta a seguito della disgregazione della famiglia in conseguenza della mutata situazione di fatto sono i criteri di attuazione delle diverse posizioni soggettive, tanto che i compiti di cura e di educazione possono essere svolti con soddisfazione dai genitori separati che intelligentemente sfumano le loro rabbie e ridimensionano i conflitti, a favore degli interessi e del benessere dei figli. Ovviamente, non è sufficiente un buon accordo di separazione, o divorzio, o cessazione della convivenza o un provvedimento del giudice, per far funzionare ciò che forse anche prima non funzionava. Si è riflettuto e sostenuto che non si deve pensare ad un passaggio da una famiglia unita dove vi era un idillio anche sulla gestione dei figli ad una nuova famiglia in cui non ci si accorda su niente. Accade spesso che all’interno della famiglia unita vi siano divergenze e scontri tra i genitori sulla gestione, educazione, istruzione dei figli, ed allora è pura utopia poter immaginare che al momento della separazione funzioni il processo di intesa genitoriale È invece un dato di fatto, che abbiamo definito positivo, che nel mutamento dei rapporti personali spesso accade che in alcuni genitori, che in precedenza delegavano spesso all’altro genitore la cura e la responsabilità verso i figli, vi sia una maturazione, una maggiore presa di coscienza e di assunzione di responsabilità. Sottolineata l’importanza del concetto di bigenitorialità e di affidamento condiviso, nell’interesse del minore, si è ritenuto che la mera conflittualità esistente tra i genitori non possa precludere il ricorso a tale regime preferenziale, ovviamente solo se si mantenga nei limiti di un «tollerabile disagio per la prole». L’affidamento esclusivo può essere giustificato [continua ..]
Sul questo tema vi è stata unanimità di opinioni. Si è partiti dalla novellazione operata dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54, che ha inteso valorizzare l’esigenza del figlio minore di continuare a godere, anche nelle ipotesi di crisi tra i genitori, di un intenso rapporto con entrambe le figure genitoriali. L’art. 155 c.c. riconosce il diritto del figlio «di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». Si è detto che tale disposto è esplicazione della ratio sottesa al regime dell’affido condiviso, che si propone come nuovo modello di assunzione di responsabilità e di esercizio congiunto della potestà da parte di entrambi i genitori, che non contempla valutazioni e contenuti quantitativi relativi al tempo di permanenza della prole presso ciascun genitore, o di misura e modo della contribuzione genitoriale. Si è affermato, infatti, sia in dottrina che in giurisprudenza, che l’affidamento condiviso non consiste nella pari suddivisione fra i genitori del tempo di permanenza con i figli, bensì, in primo luogo, nell’assunzione condivisa della responsabilità e delle scelte genitoriali (almeno quelle più importanti) e nel mantenimento di un costante rapporto di frequentazione e cura della prole [49]. Unico criterio fornitoci dalla Novella del 2006 in grado di orientare le parti e il Giudice nell’individuazione dell’assetto abitativo dei figli minori, il gruppo lo ha rinvenuto nella disciplina dell’assegnazione dell’abitazione familiare contenuta all’art. 155 quater c.c., dall’elaborazionedella quale è originato nella prassi il concetto di “genitore collocatario”. L’art. 155 quater c.c. prevede che il principale criterio da seguire nell’assegnazione dell’abitazione familiare è costituito dal “prioritario interesse dei figli” individuato, in dottrina e giurisprudenza, nell’interesse della prole di continuare, senza traumi, ad usufruire dello standard di vita realizzati in costanza di convivenza dei genitori e di mantenere inalterati i rapporti con l’ambiente in cui sono vissuti. L’esigenza di [continua ..]