Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Editoriale (di Marta Rovacchi (Avvocato in Reggio Emilia))


 

 

La presente Rivista ha lo scopo di approfondire il tema delle adozioni attraverso il prezioso contributo di diverse professionalità al fine di fornire un completo quadro di questa attuale e complessa materia nella quale confluiscono e interagiscono molteplici aspetti e problematiche giuridiche, umane e psicologiche. Come noto, il quadro normativo di riferimento è la l. 4 maggio 1983, n. 184, intitolata “Diritto del minore ad una famiglia”. L’epigrafe è stata così sostituita dall’art. 1 della l. 26 marzo 2001, n. 149, che è intervenuta a modificare la dicitura precedente che recitava “disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”. Dal cambiamento dell’intestazione si evince il chiaro intento del legislatore di privilegiare e mettere al centro l’elemento relazionale del minore, dei suoi bisogni e delle sue esigenze. Ogni qualvolta, dunque, risulti a rischio la disgregazione del nucleo originario, il legislatore e tutti gli operatori coinvolti hanno il compito di assecondare i diritti del minore al fine di evitare che il suo allontanamento non pregiudichi il suo interesse ad avere legami relazionali affettivi solidi, stabili e positivi. Tale approccio raccoglie i principi delle Convenzioni Internazionali sui diritti dell’infanzia (Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo ratificata in Italia con l. n. 176/1991) e sulla Protezione e Cooperazione in materia di adozione internazionale (Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale del­l’Aja in data 29 maggio 1993, ratificata in Italia con l. n. 476/1998), nonché gli orientamenti e le pronunce della CEDU degli ultimi anni. Il principio cardine che ne è scaturito, sia dal punto di vista giuridico che da quello squisitamente culturale, è che l’istituto dell’adozione debba considerarsi l’extrema ratio cui ricorrere solo allorché il minore risulti privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi e di conseguenza esposto a gravi pericoli per la sua salute fisica e psichica. Il concetto si basa sul diritto del minore a crescere nella sua famiglia d’origine e, conseguentemente, sul dovere – da parte dei giudici e delle Istituzioni chiamati ad effettuare le valutazioni socio-psicologiche – di operare in modo da preferire il più possibile il mantenimento del rapporto del bambino con i suoi legami biologici originari, mettendo dunque in campo tutte quelle risorse rinvenibili e possibili per concretizzare tale scopo. È quanto affermato unanimemente dalla Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione da anni a questa parte, a partire dalla nota pronuncia n. 10656/1996, che ha sancito di non potersi dichiarare la situazione di abbandono (anche) quando sia dimostrata la seria [continua..]