Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Disciplina fiscale dell'impresa familiare e dei patti di famiglia (di Valentina Sarnari (Dottore Commercialista dell’ODCEC di Roma – Revisore Legale))


Articolo tratto dalla Relazione tenuta al Convegno organizzato dall’AIAF Lazio, “L’impresa familiare e i Patti di Famiglia: quando la famiglia diventa impresa”, Roma, 24 giugno 2014.

SOMMARIO:

1. L'Impresa Familiare - 1.2. Riferimenti normativi e prassi - 1.3. Requisiti fiscali soggettivi - 1.4. Requisiti fiscali oggettivi - 1.5. Regime di determinazione del reddito - 1.6. Aspetti fiscali della liquidazione in caso di cessazione del rapporto - 1.7. Aspetti previdenziali - 1.8. Riepilogo formalità fiscali - 1.9. Altre disposizioni fiscali - 2. I Patti di Famiglia


1. L'Impresa Familiare

    L’Impresa Familiare è un istituto civilistico di tipo residuale rispetto ad altre forme di regolazione dei rapporti di collaborazione tra l’imprenditore ed i suoi familiari che prestano continuativamente la propria opera nell’impresa, tant’è che sotto il profilo formale della sua costituzione, la normativa di riferimento non prevede una particolare e specifica forma. L’Impresa Familiare è e rimane un’impresa individuale. Solo secondo una tesi minoritaria in dottrina, l’Impresa Familiare è un’impresa collettiva in cui tutti i collaboratori assumono la responsabilità nei confronti dei terzi. I collaboratori partecipano alle decisioni, che devono essere adottate a maggioranza, ma queste hanno rilievo solo internamente, perché verso i terzi risponde solo e sempre l’imprenditore con il suo patrimonio e solo questi sarà soggetto a fallimento in caso di insolvenza, ovviamente in presenza dei requisiti secondo la nuova disciplina della legge fallimentare. Tuttavia, vi sono requisiti giuridici molto stringenti affinché detti rapporti di collaborazione pos­sano farsi rientrare nella definizione di Impresa Familiare, sia sotto il profilo civilistico, sia sotto il profilo fiscale. Sotto il profilo civilistico, la collaborazione del familiare deve essere resa in modo continuativo, nel senso della costanza nell’arco temporale di durata dell’impresa, ma non necessariamente e propriamente nel senso del tempo pieno. Si considerano collaboratori dell’imprenditore il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado e i figli adottivi e naturali. Il familiare collaboratore, con riferimento alla generale condizione familiare e in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, ha: -     diritto al mantenimento; -     diritto agli utili; -     diritto ai beni acquistati in caso di liquidazione; -     diritto agli incrementi di valore anche in ordine all’avviamento. Ha, altresì il diritto di: -     partecipare alle decisioni che riguardano l’impiego di utili e gli incrementi di valore; -     partecipare alle decisioni che riguardano la gestione [continua ..]


1.2. Riferimenti normativi e prassi

    -     Art. 230 bis c.c. – Impresa Familiare; -     artt. da 768 bis – Patti di Famiglia; -     art. 5, 4° comma, d.p.r. n. 917/1986 – TUIR; -     artt. 55-66, d.p.r. n. 917/1986 – TUIR; -     art. 60, d.p.r. n. 917/1986 – TUIR; -     art. 1, 96° e 117° comma, l. n. 244/2007 – Contribuenti minimi; -     ris. 28 aprile 2008, n. 176/E; -     l. n. 335/1995 – Gestione Previdenziale.


1.3. Requisiti fiscali soggettivi

    Sotto il profilo fiscale, i requisiti soggettivi ed oggettivi sono più stringenti e ciò in quanto, il regime di tassazione, particolarmente agevolato, potrebbe, diversamente, indurre ad un abuso o non appropriato utilizzo dell’istituto. L’Impresa Familiare non ha soggettività fiscale autonoma, è semplicemente un’attività commerciale svolta sotto forma di impresa individuale la cui tassazione avviene, secondo il principio di competenza, vale a dire nell’esercizio d’imposta in cui il reddito è stato effettivamente prodotto, ancorché non finanziariamente percepito. È, dunque, ammessa in tutte le ipotesi di reddito d’impresa, per qualsiasi tipo di impresa individuale e prescinde dalle dimensioni, mentre si esclude l’esistenza di un’Impresa Familiare nel­l’ambito dell’esercizio di una professione, né si può avere Impresa Familiare in presenza di una società, sia di capitali che di persone ed anche di fatto. I requisiti richiesti dalla normativa fiscale ai fini dell’inquadramento del reddito prodotto dal­l’impresa in quello dell’Impresa Familiare, come detto, sono più stringenti rispetto a quelli previsti dalla normativa civilistica, e precisamente: -     continuità della prestazione nell’intero periodo di imposta, continuità intesa nel senso della costanza delle prestazioni per l’intera durata dell’esercizio dell’impresa, nel corso del periodo d’imposta. In questo senso, dunque, si può configurare Impresa Familiare anche nel­l’ambito delle attività stagionali, laddove la collaborazione del familiare sia stata comunque continuativa per tutta la durata della stagione lavorativa, che di per sé è limitata ad un arco temporale più ridotto rispetto all’anno solare (i.e.: imprese che gestiscono stabilimenti balneari); -     prevalenza della prestazione resa dal collaboratore, rispetto ad altra attività lavorativa da questi eventualmente svolta. Si deve, dunque, escludere l’Impresa Familiare laddove il familiare è già titolare di reddito da lavoro dipendente o di lavoro autonomo o di altra impresa. Mentre, di contro, si ritiene ammissibile l’Impresa Familiare laddove il collaboratore sia titolare [continua ..]


1.4. Requisiti fiscali oggettivi

    La disciplina fiscale impone che, ai fini dell’applicazione del regime fiscale di cui all’art. 5, 4° comma, d.p.r. n. 917/1986, tra l’imprenditore ed il suo/suoi collaboratore/i debba esistere un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, nella quale si enuncia la volontà di costituire tra questi un’Impresa Familiare e nella quale devono essere specificatamente indicati il nome ed il rapporto di parentela o di affinità tra l’imprenditore ed i propri familiari collaboratori. Detto atto deve essere anteriore all’inizio del periodo di imposta in cui si intende avvalersi delle disposizioni fiscali in tema di Impresa Familiare. Nel caso di enunciazione, alla data dell’inizio attività, la dichiarazione avrà effetto dal medesimo esercizio d’imposta in cui ha inizio l’impresa. L’imprenditore nella sua dichiarazione dei redditi deve indicare le quote di utili spettanti ai familiari, che saranno proporzionali alla qualità del lavoro prestato, in modo continuativo e prevalente nel periodo di imposta. La falsità della dichiarazione è sanzionata anche penalmente. Ciascun familiare collaboratore deve indicare nella propria dichiarazione di aver prestato la propria attività in modo continuativo e prevalente.


1.5. Regime di determinazione del reddito

    L’Impresa Familiare, non avendo soggettività fiscale autonoma, nella dichiarazione dei redditi mantiene la qualifica di impresa individuale, il cui reddito viene dichiarato dall’imprenditore ti­tolare che avrà diritto alla deduzione delle quote di reddito spettanti ai familiari partecipanti. Il reddito del titolare viene, dunque, considerato reddito d’impresa ed è pari al reddito dell’im­presa, al netto delle quote spettanti ai familiari collaboratori. L’imputazione degli utili non può essere complessivamente superiore al 49% degli utili maturati dall’imprenditore nell’esercizio d’imposta. Non è ammessa la partecipazione dei familiari collaboratori alle eventuali perdite conseguite, che rimarranno quindi in capo all’imprenditore, e non è fiscalmente rilevante la collaborazione svolta dal familiare esclusivamente nella famiglia. Il reddito dei collaboratori viene considerato, invece, reddito di partecipazione, e dovrà essere da questi dichiarato come tale da ogni singolo collaboratore.


1.6. Aspetti fiscali della liquidazione in caso di cessazione del rapporto

    Nel caso di cessazione del rapporto di collaborazione, nella considerazione che le somme corrisposte dall’imprenditore ai suoi familiari collaboratori non sono collegabili all’esercizio della sua attività in quanto dirette a soddisfare esigenze estranee alle finalità e alla logica dell’impresa, la liquidazione del diritto di partecipazione non è riconducibile ad alcuna delle categorie reddituali previste dal TUIR; pertanto, l’importo attribuito al familiare collaboratore non va assoggettato a tassazione in capo al medesimo e la somma pagata non rileva come componente negativo di reddito per l’imprenditore che lo eroga, non ricorrendo il principio dell’inerenza, ed in­fatti non è deducibile dal reddito d’impresa.


1.7. Aspetti previdenziali

    Il titolare ed i familiari lavoratori sono tenuti ad iscriversi alla speciale gestione lavoratori autonomi INPS a norma della l. n. 335/1995 e versare i relativi contributi che di fatto vengono corrisposti dal titolare nei confronti di ciascun partecipante, il quale avrà quindi alternativamente: -     diritto di esercitare la rivalsa nei confronti di ciascun partecipante per la quota dallo stesso dovuta; -     dedurre la spesa complessiva dal proprio reddito ai fini della quantificazione dell’IRPEF.


1.8. Riepilogo formalità fiscali

    Ai fini dell’assoggettamento del reddito prodotto dall’imprenditore al regime fiscale previsto per l’Impresa Familiare è, dunque, necessario che vengano posti in essere alcuni preliminari a­dempimenti e poi, successivamente, vengano rispettate alcune formalità di tipo dichiarativo: -     entro il 31/12 dell’anno precedente, tra l’imprenditore ed i familiari collaboratori deve prov­vedersi alla stipula di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata di enunciazione dell’esistenza di un’Impresa Familiare, con individuazione delle relazioni di parentela ed affinità; -     l’imprenditore deve rilasciare ai propri familiari collaboratori la copia del prospetto di Riparto degli utili, per una percentuale complessivamente non superiore al 49%; -     ciascun partecipante all’Impresa Familiare dovrà procedere alla compilazione del quadro nella propria dichiarazione dei redditi corrispondente al reddito d’impresa per l’imprendito­re, e al reddito di partecipazione per il familiare; -     deve essere emessa un’attestazione a consuntivo circa l’effettività, continuità e prevalenza della collaborazione resa.


1.9. Altre disposizioni fiscali

    Art. 60, d.p.r. n. 917/1986 – TUIR Prevede l’indeducibilità dei compensi corrisposti ai familiari collaboratori a titolo di salari e stipendi. Del che ne deriva che laddove nell’ambito dell’impresa, tra l’imprenditore e i suoi familiari si stipuli anche un contratto di lavoro subordinato, questo contratto darà luogo ad un costo che per l’imprenditore non sarà deducibile dal reddito.   Regime dei minimi Nel caso in cui l’imprenditore, ricorrendone i presupposti, abbia aderito al regime dei contribuenti minimi, ex art. 1, 96° e 117° commi, l. n. 244/2007, i collaboratori sono esonerati dagli obblighi dichiarativi e di versamento per il reddito ad essi imputato, in quanto le imposte vengono interamente assolte dall’imprenditore stesso.   Circolare Agenzia delle Entrate n. 16/2014 Gli investimenti in start up innovative effettuati da Imprese Familiari danno diritto ad una detrazione corrispondente al valore dell’investimento eseguito, sia all’imprenditore che ai suoi familiari collaboratori, in base alle quote di ripartizione degli utili. Ciascun partecipante potrà indicare l’investimento eseguito nella propria dichiarazione (rigo RP80 del Mod. Unico PF 2014), qualificando l’investimento effettuato ed indicando il codice fiscale della start up innovativa.


2. I Patti di Famiglia