L’assemblea nazionale AIAF, tenutasi a Napoli nello scorso maggio 2014, è stata dedicata alla riforma della filiazione, attuatasi, come noto, con la l. n. 219/2012 e con il d.lgs. n. 154/2013.
Il tema si ricollega a quello di cui si era discusso già nel giugno 2006, nell’ambito di un interessantissimo convegno, a Como, intitolato proprio “La filiazione verso un nuovo status”, i cui atti sono confluiti nel Quaderno n. 2/2006 della Rivista. L’argomento, a sua volta, era stato ripreso anche nell’assemblea nazionale di Milano del 2012, che aveva ancora potuto beneficiare del prezioso contributo di Milena Pini, successivamente trattato ampiamente da questa Rivista nel n. 1/2013 “Un unico status per la filiazione: realtà e prospettive alla luce della l. n. 219/2012”.
Lo stimolo ad individuare nella riforma della filiazione il tema dell’Assemblea di Napoli, di cui pubblichiamo gli atti in questo numero della Rivista, è stato fornito dalla necessità, da un lato, di fare il punto sulla situazione de jure condito, e dall’altro, di proporre miglioramenti, in prospettiva di futuri interventi de jure condendo o, comunque, di prassi condivise.
La l. 10 dicembre 2012, n. 219, ad onta del titolo certamente poco felice e pertinente (“Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali”), ha introdotto nell’ordinamento un principio di civiltà giuridica tanto atteso: “Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”, come si esprime il novellato art. 315 c.c. Seguendo l’esempio di altre legislazioni a noi vicine, il legislatore ha superato la tradizionale distinzione dello status filiationis, a seconda che il concepimento sia avvenuto, o meno, in costanza di matrimonio (in questo senso si esprime in limine l’intervento introduttivo dell’Avv. Rosanna Dama). Come è noto, il testo originario del codice civile del 1942 distingueva tra figli legittimi e figli illegittimi, facendo ricadere su questi ultimi il disvalore sociale e legale, riconducibile a condotte contrarie alla morale, che allora potevano assumere pure rilevanza penale. L’aspetto più evidente di tale situazione stava nel divieto di riconoscimento dei figli nati da relazioni extraconiugali. Già l’art. 30, 3° comma, Cost. aveva modificato sensibilmente l’impostazione codicistica; è previsto infatti che la legge debba garantire ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, ancorché «compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». La Costituzione dunque non ha imposto una piena equiparazione dei diritti derivanti dallo status filiationis, legittimando (se pur in via di eccezione alla regola) un perdurante favor nei confronti dei componenti (e non solo dei [continua..]