Il confronto continuo nell’associazione tra le diverse realtà regionali ci ha portato a rilevare che ancor oggi la famiglia italiana appare un importante nucleo produttivo del paese e le questioni attinenti alla “famiglia impresa” sempre più si intersecano con quelle relative ai rapporti coniugali e familiari.
La Prof.ssa De Rose con il suo contributo, unitamente alla Dott.ssa De Pascale, rileva la portata del fenomeno a livello statistico ed evidenzia che «se le imprese famigliari rappresentano la maggior parte delle organizzazioni economiche in tutto il mondo», la peculiarità tutta italiana sta nell’elevato grado di concentrazione della proprietà e nel modo in cui viene esercitato il controllo della impresa famigliare, tant’è che anche la gestione delle PMI italiane è strettamente dipendente dai legami di parentela, prevalenti anche in questa tipologia di imprese.
Tale caratteristica differenzia nettamente le family business italiane da quelle di altri Paesi europei. Le imprese famigliari italiane, infatti, sono caratterizzate da un accentuato controllo della proprietà da parte della famiglia, dalla presenza attiva del fondatore e/o dei suoi eredi nei vari ruoli gestionali, dal coinvolgimento in diverse posizioni manageriali di vari membri della famiglia proprietaria, dalla forte identificazione con i valori della famiglia.
Ciò, evidenzia la Prof.ssa De Rose, è sia la “forza” che la “debolezza” della famiglia italiana quando diventa impresa.
E questo numero della rivista, dal titolo “Quando la famiglia diventa impresa”, prende le mosse da un seminario che l’AIAF Lazio ha organizzato a Roma il 24 giugno 2014, “L’impresa familiare e i patti di famiglia quando la famiglia diventa impresa”, nel corso del quale ci si è resi conto della necessità che il tema sia trattato in maniera interdisciplinare.
In tal senso il Dott. Piras, nel suo articolo, pone in evidenza criticità e poteri che ha il socio di minoranza nelle società di capitali, carica che, spesso, nella società riveste, più o meno consapevolmente, il coniuge debole; mentre la maggior parte delle quote le detiene direttamente e indirettamente l’altro coniuge, il quale concentra su di se e/o la sua famiglia di origine il potere proprietario e del controllo. Il socio di minoranza, pur non essendo parte attiva nella compagine sociale, potrebbe ugualmente ritrovarsi ad essere esposto sotto il profilo fiscale ed è per questo che, specie in momenti di difficoltà nel rapporto parentale, non deve dimenticarsi che come contrappeso ha specifici poteri di controllo.
La Prof.ssa Santini esamina anche un altro dato rilevante da un punto di vista statistico europeo, il cui tessuto economico-produttivo risulta caratterizzato [continua..]