Testo dell’intervento all’Assemblea nazionale dell’AIAF, tenutasi a Milano il 17-19 maggio 2012.
1. Filiazione legittima e naturale: la situazione attuale - 2. Il progetto di riforma della filiazione - 3. Automatismi e volontà nell'accertamento della filiazione - 4. La filiazione tra verità genetica e accoglienza - 5. Nuove figure e antichi paradigmi - NOTE
Sono davvero grata agli organizzatori di avermi invitato a partecipare a questo importante convegno con una relazione su un tema di così grande rilievo. Le questioni relative allo stato dei figli ed alle relazioni tra genitori e figli si collocano, infatti, oggi più che mai, al centro delle problematiche familiari. È significativo il fatto che le innovazioni più significative del diritto di famiglia introdotte dopo la riforma del 1975 (la l. n. 40/2004 sulla procreazione assistita e la l. n. 54/2006 sull’affido condiviso) hanno riguardato proprio i rapporti tra genitori e figli, segno che l’attenzione si è spostata dal matrimonio alla filiazione. Nella fragilità della relazione di coppia, il rapporto tra genitori e figli sembra l’unico legame davvero indissolubile. Va poi notato che né l’una né l’altra legge distinguono tra coppie sposate e non sposate [61], segno questo che gli schemi tradizionali, rispecchiati dal testo della riforma del 1975, non corrispondono più alla realtà attuale. Il codice civile, tuttavia, conserva formalmente distinte le condizioni dei figli legittimi e naturali, ed anche se nella sostanza ad essi spettano diritti quasi eguali, permangono differenze residuali oggi non più tollerabili. L’Italia non ha seguito gli altri Paesi europei a noi vicini, la gran parte dei quali – tra cui Francia, Spagna e Germania – a partire dagli anni ’90 del secolo scorso hanno rinnovato il diritto della filiazione nel segno della indifferenza dello status di figlio rispetto al matrimonio dei genitori [62]. Da noi sono stati principalmente i giudici a rimuovere talune delle differenze ancora previste dalla legge, realizzando in tal modo un parziale adeguamento delle disposizioni di legge ordinaria ai principi costituzionali ed europei. Dopo la riforma del 1975 la Corte costituzionale è intervenuta ripetutamente sulla filiazione: ha rimosso residue disparità di trattamento presenti nel codice o nella legislazione speciale [63], ha ampliato le possibilità di accertare la filiazione naturale [64], ha riscritto la disciplina della prova nel disconoscimento di paternità [65]. Su alcune questioni appare tuttavia irremovibile. Il rapporto tra parenti naturali viene riguardato come mera relazione fattuale di consanguineità e non come vincolo giuridico di [continua ..]
Il progetto di riforma approvato dalla Camera (il 30 giugno 2011), presentato in Senato col numero 2805, approvato poi con modifiche il 16 maggio 2012 ed ora nuovamente all’esame della Camera affronta alcuni di questi temi. Sotto un titolo non pienamente indicativo (“Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”) il progetto intende in realtà unificare la condizione dei figli. Viene cancellata dal linguaggio normativo la “terminologia della diversità” sostituendo alle espressioni “figli legittimi” e “figli naturali” l’unico riferimento ai “figli” e mantenendo la dizione di figli “nati nel matrimonio” o “figli nati fuori del matrimonio” nelle norme che riguardano specificamente le due fattispecie [69]. Si afferma il legame di parentela tra le persone che discendono da uno stesso stipite in ogni ipotesi di filiazione nata nel e fuori del matrimonio. Viene esplicitata (nel nuovo art. 315) l’unificazione degli status e conseguentemente vengono disciplinati in modo unitario diritti e doveri tra genitori e figli (nuovo art. 315 bis), ed anche per quel che riguarda i diritti successori, la delega al Governo è per la scrittura di regole coerenti con il principio di unicità degli status. Potrebbe essere questa l’occasione per una revisione più a fondo, da tempo sollecitata, del nostro diritto successorio, specie per quel che riguarda la tutela dei legittimari – che appare ormai eccessiva – ed il ruolo dell’autonomia privata nel definire gli assetti patrimoniali post mortem – che, al contrario, appare troppo modesto –. Le trasformazioni sociali della famiglia, i cambiamenti demografici, l’aumento delle aspettative di vita, fanno sembrare la nostra disciplina sotto molti aspetti non più adeguata alla presente situazione. Il progetto, tuttavia, circoscrive i propri orizzonti alla modifica della normativa sulla filiazione, scelta probabilmente saggia, dato che un ulteriore ampliamento dell’ambito della discussione, non consentirebbe di giungere all’approvazione della legge in tempi ragionevoli. Ciò non significa che la riforma delle successioni non sia necessaria e possibile – lo testimoniano i progetti presentati dal Notariato –, ma ad essa bisognerà lavorare separatamente. Quanto [continua ..]
Il progetto tende ad una razionalizzazione dell’esistente, recepisce molte delle innovazioni introdotte in questi anni dalla giurisprudenza in via interpretativa e le completa nell’ambito di un complessivo disegno di riforma. Nello stesso tempo si può tuttavia osservare come esso rifletta in modo parziale i temi e le questioni che sbocciano attorno ai modi di essere genitori e figli. Se volgiamo lo sguardo a quelle che sono le dinamiche attuali delle relazioni familiari ci rendiamo conto che non sempre disponiamo degli strumenti adeguati per dare risposte alle esigenze che si dispiegano nella realtà. La filiazione, è un dato di fatto, ha a che fare con la generazione. L’accertamento di status, d’altra parte, si basa su meccanismi automatici e su dichiarazioni, manifestazioni di volontà. Nel caso di filiazione matrimoniale prevalgono gli automatismi: la madre è tale per via del parto, il padre è tale in forza di presunzioni. Fuori del matrimonio, invece, lo status deriva da un atto volontario: il riconoscimento, sia nei confronti del padre, sia nei confronti della madre. Ci si potrebbe chiedere se non sia giunto il tempo di unificare il modo di accertamento della maternità nel e fuori del matrimonio. Anche la Francia, ultima in Europa, a parte noi, ha accolto il metodo automatico, sia pur riservando alla donna (coniugata o no) la possibilità di partorire in anonimato. Anche l’Italia, pur conservando la facoltà della donna di non essere nominata, potrebbe far proprio questo sistema che rende madre la partoriente senza bisogno di un atto di riconoscimento. La facoltà di partorire in anonimato costituisce una garanzia che credo conservi ancora un suo significato e che perciò ritengo opportuno conservare [72]. Fuori dei casi eccezionali in cui la donna intenda avvalersene, tuttavia, l’accertamento automatico è una garanzia per la donna e per il nato al quale è assicurata la certezza dello status nei confronti della madre anche nelle ipotesi minoritarie ma non marginali in cui il riconoscimento non sia possibile (si pensi, tra l’altro, al caso di morte della madre durante il parto o di nascita da donna in coma, in morte cerebrale). Quanto alla paternità, si diceva, nel matrimonio prevalgono gli automatismi. Il padre è tale in quanto marito della madre. E [continua ..]
La filiazione, dicevamo, ha a che fare con la biologia. La riforma del 1975 riflette il favor veritatis. Eppure non conta soltanto la discendenza biologica. Non sempre status e biologia coincidono. L’interesse del figlio può impedire l’accertamento di uno status sia pur biologicamente fondato, ad esempio, quando vi sia opposizione al riconoscimento o alla dichiarazione giudiziale di paternità. Viceversa, può restare definitivamente accertato uno status non corrispondente al vero. Il marito è padre dei figli generati dalla moglie anche se non sono i suoi, se non ne viene chiesto il disconoscimento nei termini di legge. Il marito è padre dei figli nati con il seme di un donatore se ha dato il consenso alla procreazione assistita (art. 9, l. n. 40/2004). Il fatto che in Italia la donazione di gameti sia vietata è indifferente. La legge stabilisce una regola che garantisce l’interesse del figlio e nello stesso tempo fonda la paternità su elementi psico-sociali di responsabilità diversi dalla generazione. Una regola corrispondente non è dettata per la maternità quando la concezione assistita ricorra all’apporto di una donatrice o di una madre sostituta [76]. Anche in questo caso, il fatto che la legge italiana vieti il ricorso a tecniche di questo tipo, non dovrebbe essere di ostacolo alla previsione di regole sull’attribuzione della maternità. In mancanza di regole legislative, sono i giudici a doversi pronunciare [77]. Si profilano così ipotesi in cui lo status non è fondato sulla generazione, ma sull’accoglienza. L’adozione ne costituisce il prototipo, ma non ne ha il monopolio. Possiamo chiederci quanto questa modalità dell’essere genitori e figli possa essere estesa per abbracciare altre situazioni che ricorrono nell’esperienza delle famiglie. Nelle coppie omosessuali la nascita di un figlio è frutto di un progetto comune, anche se uno solo è il genitore biologico [78]. Il partner accudisce il bambino come genitore, ma senza acquisire alcuna veste giuridica che lo legittimi nei confronti delle istituzioni sanitarie, scolastiche, che ne riconosca il ruolo educativo in seguito ad una eventuale crisi della coppia. Nelle aule giudiziarie cominciano ad affacciarsi situazioni e controversie che denotano come l’interesse [continua ..]
Il moltiplicarsi dei modi della filiazione e delle figure della maternità e della paternità ci deve far riflettere su alcuni paradigmi su cui si fonda il nostro diritto della filiazione: intanto quello della esclusività dello status (si è figli di un genitore e di uno soltanto) [83]. In diversi contesti l’esperienza prospetta situazioni in cui sono presenti figure diverse di genitori, tali a vario titolo. Si pensi intanto alla figura del terzo genitore. Si pensi poi ai casi di figli con uno stato certo, legittimo o naturale, che tuttavia non corrisponde al vero e che hanno relazioni con il padre biologico, relazioni che alle volte danno luogo a diritti alimentari o successori rivendicati ex artt. 279 o 580 c.c. [84]. Nel campo dell’adozione si assiste al ricorso all’adozione in casi particolari (art. 44 l. adoz.) sia per legittimare il rapporto con il terzo genitore [85], sia per soddisfare il bisogno di genitorialità da parte di una persona single [86], talvolta omosessuale [87], sia per costituire rapporti adottivi “miti”, che non escludono i genitori di origine, ma che li includono in una relazione multipla [88]. Anche il ricorso alle tecniche di surrogazione di maternità, in diverso contesto, prospetta ipotesi di “maternità una e trina” non gestibili solo attraverso la tecnica (giuridica) del divieto [89]. Riconoscere diverse figure genitoriali non significa attribuire al figlio nei confronti di ciascuna di queste figure il medesimo status, la pienezza dello status filiationis. Può significare, invece, garantire una tutela limitata a determinati aspetti della relazione, di volta in volta rilevanti. Questa considerazione ci porta a mettere a fuoco un altro aspetto del problema. Nel nostro sistema, quando si è genitori, lo si è a tutto tondo. Lo status determina una globalità di effetti che si producono per così dire in blocco. Ma proprio la casistica che si è prospettata ci interroga se le figure della genitorialità non possano in qualche modo essere scomposte, limitando ad alcuni effetti soltanto le conseguenze del riconoscimento giuridico. Ad esempio, si potrebbe pensare, in casi specifici, ad un accertamento giudiziale che determini soltanto effetti patrimoniali o successori. Al partner del genitore, poi, potrebbero [continua ..]