L’articolo esamina i diversi rimedi per garantire l’adempimento degli obblighi di mantenimento, sia preventivi che successivi all’inadempimento, in particolare i sequestri previsti dagli artt. 146 c.p.c., 156 c.p.c. e dall’art. 8, l. n. 898/1979. L’autrice analizza i diversi presupposti applicativi e la disciplina procedurale, premettendo che queste misure non richiedono i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora come i rimedi cautelari previsti dal codice di rito e sono quindi soggetti a proprie regole processuali.
The article examines different judicial remedies to enforce maintenance obligations, both preventive and subsequent to violations, in particular the seizures prescribed by article 146 of the Civil Procedure Code, article 156 of the Civil Procedure Code and article 8 Law n. 898/1970. The Author analyses terms, conditions and procedures applicable, premising that these measures do not require fumus boni iuris and periculum in mora such as other typical precautionary remedies provided by the Code and are thus subject to specific procedural rules.
1. Premessa - 2. Il sequestro ex art. 146 c.c. - 3. Il sequestro ex art. 156, 6° comma, c.c. - 4. Il sequestro ex art. 8, l. n. 898/1970 - 5. Il sequestro a garanzia degli assegni per i figli - 6. L’obbligo di prestare garanzia previsto dall’art. 156 c.c. - 7. Il ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. - 8. I provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. - NOTE
La normativa in materia di rapporti familiari prevede una serie di strumenti volti a garantire l’adempimento degli obblighi economici statuiti in sede di separazione o di divorzio, ed evitare che il beneficiario sia costretto a reiterati e periodici atti di precetto e di pignoramento nei confronti del debitore [1]. A tali strumenti non viene riconosciuta una vera e propria natura cautelare, con la conseguente inapplicabilità della disciplina del procedimento cautelare uniforme prevista dagli artt. 669 bis e ss. c.p.c. [2]. Tali misure prescindono infatti dal presupposto del periculum in mora, in quanto per alcune di esse sarà sufficiente il mero inadempimento, nonché da quello del fumus boni iuris, in quanto per la loro applicabilità è necessaria la sussistenza di un provvedimento giudiziario che abbia accertato il diritto del creditore.
Qualora, prima del deposito del ricorso per separazione, uno dei due coniugi si allontani dalla casa coniugale, il tribunale può disporne il sequestro dei beni nella misura adatta a garantire l’adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 143, 3° comma e 147 c.c. Tale provvedimento non è finalizzato a garantire l’adempimento degli obblighi di mantenimento nascenti dalla sentenza di separazione (o dall’ordinanza presidenziale), ma ha una funzione coercitiva e sanzionatoria diretta a far cessare l’allontanamento ingiustificato del coniuge [3]. Parte della dottrina afferma la natura cautelare del sequestro in esame, ritenendo così che, secondo le norme del processo cautelare uniforme, la relativa domanda debba essere proposta al giudice che deciderà in funzione monocratica, e che il relativo provvedimento sia soggetto a revoca e/o reclamo ex art. 669 terdeciesc.p.c.; viceversa secondo quella parte della dottrina che nega la natura cautelare del sequestro ex art. 146 c.c. l’istanza dovrà essere depositata davanti al tribunale in composizione collegiale, che deciderà secondo la disciplina di cui agli artt. 737 c.p.c. ss. [4]. In ogni caso, il coniuge richiedente dovrà dimostrare l’avvenuto allontanamento e indicare i beni oggetto del sequestro che, una volta ottenuto, potrà essere eseguito con le stesse forme previste per il sequestro conservativo [5]. È bene precisare che la richiesta non può essere avanzata successivamente al deposito del ricorso per separazione e che il provvedimento perde la sua efficacia con l’emissione dell’ordinanza presidenziale, nonché con la ripresa della convivenza coniugale. In tale caso però sarà necessario, per il coniuge che abbia subito il sequestro, chiederne la revoca al tribunale.
A norma dell’art. 156, 6° comma, c.c., su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni dell’obbligato, a garanzia dell’adempimento delle prestazioni economiche stabilite in sede di separazione. Presupposto per l’applicazione di tale misura è la pregressa inadempienza, anche parziale, del coniuge obbligato. È unanime l’opinione che questa tipologia di sequestro non sia in alcun modo riconducibile alla categoria dei provvedimenti cautelari tipici e, ulteriore elemento distintivo della misura in esame è la limitazione posta dalla norma a una sola parte dei beni dell’obbligato, non essendo possibile estendere il vincolo alla totalità degli stessi. Il giudice stabilirà pertanto l’importo massimo sino alla concorrenza del quale il creditore potrà procedere, tenendo conto della prevedibile durata dell’obbligazione di mantenimento a tutela della quale viene richiesta la misura (assegno di separazione, assegno per la prole), nonché del fatto che le obbligazioni economiche possono essere modificate sulla base della regola del rebus sic stantibus [6]. Quanto alla competenza, se il provvedimento è richiesto in corso di causa, essa spetta al giudice istruttore, con la conseguenza che la relativa ordinanza non sarà reclamabile, non trovando applicazione l’art. 669 terdecies c.p.c. Nel caso poi sia pendente il giudizio di appello, il provvedimento sarà emesso dal giudice dell’impugnazione. Qualora invece il giudizio di separazione sia concluso, la domanda deve essere proposta al tribunale territorialmente competente, che deciderà con le forme del rito camerale. Il provvedimento di sequestro può essere revocato o modificato, in caso di giustificati motivi sopravvenuti.
L’art. 8, 7° comma, l. n. 898/1970 prevede che il giudice per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine al pagamento degli assegni può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato. Anche in questo caso viene negata la natura cautelare del provvedimento, ma, a differenza del sequestro ex art. 156, 6° comma, c.c., non è necessario il pregresso inadempimento da parte dell’obbligato, ma è sufficiente il pericolo di inadempimento [7]. Inoltre la norma non prevede alcun limite rispetto al quantum dei beni da sequestrare. Quanto alla competenza, valgono le stesse considerazioni già svolte per il sequestro ex art. 156, 6° comma, c.c.
L’art. 3, 2° comma, l. n. 219/2012 ha precisato che «per assicurare che siano conservate o soddisfatte le ragioni del creditore in ordine all’adempimento degli obblighi di cui al periodo precedente, il giudice può disporre il sequestro dei beni dell’obbligato secondo quanto previsto dall’art. 8, comma 7, l. 898/1970». Conseguentemente, a seguito della riforma, è da ritenersi abrogata l’applicabilità dello strumento di cui all’art. 156, 6° comma, c.c. a tutela dell’assegno per i figli, dovendosi invece utilizzare la misura prevista dalla disciplina divorzile per tutti i contributi relativi al mantenimento dei figli, sia che i genitori siano separati, sia che siano divorziati, ovvero ex conviventi.
Il 4° comma dell’art. 156 c.c. prevede che il giudice che pronuncia la separazione può imporre al coniuge, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi economici posti a suo carico, di prestare idonea garanzia reale, come il pegno, o personale, ad esempio una fideiussione bancaria. La norma prevede genericamente che il giudice possa condannare il coniuge a prestare idonee garanzie, ma la scelta della garanzia spetta all’obbligato, secondo il principio generale di cui all’art. 1179 c.c. La competenza in materia è solo del tribunale in composizione collegiale, quale giudice competente per il merito della separazione, non ritenendosi estensibile detta facoltà al Presidente, nella fase preliminare del giudizio, né al giudice istruttore. Qualora il pericolo di sottrazione all’obbligo di corrispondere gli assegni di mantenimento dovesse insorgere successivamente alla sentenza di separazione, potrà essere promosso un procedimento ex art. 710 c.p.c., da introdursi con rito camerale, al fine di ottenere la prestazione dell’idonea garanzia. Considerato che la norma non prevede espressamente la richiesta di parte, la dottrina maggioritaria ritiene che il giudice abbia il potere di disporre ex officio l’obbligo di prestare idonea garanzia, qualora l’assegno da garantire sia quello per il mantenimento dei figli minori, ritenendo invece necessaria l’istanza di parte nel caso di assegno di mantenimento del coniuge o dei figli maggiorenni. Lo strumento di garanzia previsto dal 4° comma dell’art. 156 c.c. è l’unico che può essere disposto dal giudice in via preventiva, senza la necessità di una consumata inadempienza, ma sul presupposto di una situazione di mero pericolo, analogamente a quanto previsto per i provvedimenti cautelari. Conseguenza del mancato adempimento dell’obbligo di prestare idonea garanzia sarà, ai sensi dell’art. 3 della l. 8 febbraio 2006 n. 54 che estende alla fattispecie il dettato dell’art. 12 sexies, l. divorzio, l’applicazione delle pene previste dall’art. 570 c.p. Sul piano civilistico, tale condotta rileverà invece ai fini del riconoscimento di altra forma di tutela prevista dal 6° comma dell’art. 156 c.c., certamente più afflittiva per il patrimonio del debitore. Il limite della disposizione [continua ..]
Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate circa la possibilità di applicare, in alternativa alle norme speciali, anche la disciplina del sequestro conservativo a tutela del credito di mantenimento. Sul punto non pare sussistere un orientamento univoco della giurisprudenza di merito: il Tribunale di Mantova, con pronuncia del 14 marzo 2008, ha infatti ritenuto inammissibile il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. a tutela degli assegni di mantenimento. Viceversa il Tribunale di Ivrea (ord. 21 settembre 2000) ha affermato che l’art. 671 c.p.c. non è incompatibile con i giudizi di separazione e che, in assenza di inadempimento, sussistendo comunque il periculum in mora, il tribunale può concedere la misura dell’art. 671 c.p.c.
Dottrina e giurisprudenza si sono pure interrogate sull’ammissibilità di un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. ante causam per richiedere, nelle more dell’udienza presidenziale, la fissazione di un assegno di mantenimento per il coniuge o per la prole. L’orientamento maggioritario esclude l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 700 c.p.c. a tali fattispecie, in considerazione del carattere residuale di detta norma, cui è possibile ricorrere solo in assenza di altri strumenti tipici. Tuttavia è possibile rinvenire qualche pronuncia di merito che ha ritenuto fondato il ricorso ante causam ex art. 700 c.p.c. per conseguire, in previsione della separazione, l’affidamento dei figli minori, l’attribuzione di un assegno e l’assegnazione della casa coniugale, una volta accertata l’esistenza di un pericolo di eccezionale gravità che è incompatibile con l’attesa dei tempi di fissazione dell’udienza ex art. 708 c.p.c. (Trib. Napoli 25 marzo 2005; Trib. Bari 14 ottobre 2007).