1. Introduzione - 2. La sfida generazionale – La sfida della governance – La sfida manageriale - 2.1. La sfida generazionale - 2.2. La sfida della governance - 2.3. La sfida manageriale - 3. La governance familiare - 4. I "patti di famiglia": caratteri generali - 5. La coerenza fra governance di famiglia e governance di impresa - 6. Gli strumenti giuridici di attuazione dei "patti di famiglia" - 7. Conclusioni - NOTE
Nel nostro Paese, secondo l´Associazione Italiana delle Aziende Familiari (AIDAF), l’83% delle piccole e medie aziende è controllato da una famiglia, mentre nella classifica delle prime cento società per fatturato, 42 sono tramandate di padre in figlio. La maggior parte dell’imprenditoria italiana è quindi formata da figli di imprenditori, fenomeno che fa del passaggio generazionale un problema serio, dalla cui risoluzione dipende la vita stessa di molte aziende. La maggiore difficoltà che un capostipite-imprenditore deve affrontare nella gestione del passaggio generazionale dei beni della sua famiglia è quella di fare in modo che gli stessi vengano assegnati agli eredi rispettando le sue volontà, ma ancora di più che gli eredi rispettino quelle regole che il capofamiglia ha deciso per la futura, buona gestione del patrimonio aziendale. Può accadere, infatti, che uno dei successori decida di cambiare la propria posizione all’interno dell’impresa familiare, magari spinto da interessi personali o da coniugi interessati. Da qui la necessità, sempre più sentita, di programmare per tempo non solo il passaggio generazionale, ma soprattutto la funzionalità futura delle aziende, organizzandone l’assetto proprietario ed il governo con la presenza delle persone della famiglia più qualificate e competenti. Soddisfare queste esigenze costituisce per gli imprenditori e per le famiglie imprenditoriali italiane non una sfida singola, ma una serie di sfide che richiedono di allargare la discussione ad uno scenario ben più ampio della semplice successione: occorre affrontarle per assicurare nel tempo la continuità di impresa, la sua crescita verso traguardi importanti e per mantenere il benessere morale e materiale della famiglia imprenditoriale, nelle ramificazioni in cui essa si articola, con il passare delle generazioni e la crescita delle sue stesse dimensioni. Queste sfide sono vitali per il nostro paese, se si pensa che l’interesse non si limita alla sola sfera privata di queste famiglie, ma assume un valore del tutto sociale per la presenza e l’importanza delle imprese familiari nell’economia italiana; importanza storica che è stata recentemente ricordata da una citazione dell’Economist, che ha illustrato come, fra 15 aziende di fama globale nel mondo [continua ..]
Le sfide che affrontano le imprese familiari sono diverse; tre tra le più critiche e complesse: La sfida generazionale, ovvero quella che crea nella discendenza o nella parentela i candidati a gestire e condurre l’azienda, trasferendo nei tempi appropriati responsabilità, controllo e proprietà. La sfida della governance e della proprietà responsabile, che tende a disegnare e realizzare un governo dell’impresa rispettoso delle esigenze non solo della famiglia o del gruppo di controllo, ma anche di tutti gli stakeholders (dipendenti, clienti, fornitori, comunità, ambiente). La sfida manageriale, quella che assicura all’azienda le migliori competenze direttive, andando anche oltre i limiti che la famiglia imprenditoriale può presentare e ricorrendo a risorse esterne.
È evidentemente la sfida più complessa, ma anche quella che merita le migliori risorse intellettuali, morali e di esperienza per essere risolta in modo proattivo. L’imprenditore anziano può costituire una naturale tendenza a limitare il cambiamento e l’evoluzione necessaria all’azienda per stare al passo con i mercati, l’innovazione, la tecnologia. Scelte strategiche critiche per la sopravvivenza dell’azienda possono essere rimandate o semplicemente ignorate con effetti potenziali molto pregiudizievoli. D’altra parte l’esperienza dell’imprenditore anziano è fondamentale per l’impresa. Lo è in particolare per assicurare alle generazioni dei 30-40enni un inserimento graduale nella gestione dell’azienda ed un trasferimento delle competenze che non renda critica e metta a rischio l’impresa nel caso di eventuale prematura scomparsa del capostipite. Il tema è ovviamente molto vasto e coinvolge aspetti imprenditoriali, umani, giuridici e culturali.
La sfida del buon governo e della proprietà responsabile consiste nel realizzare un governo dell’impresa rispettoso delle esigenze non solo della famiglia o del gruppo di controllo, ma anche degli stakeholders e che porta ad una crescita ordinata dell’azienda. Questa crescita deve assicurare nel tempo non solo l’incremento del valore dell’azienda in assoluto, ma anche l’adeguamento di questo valore al numero dei componenti della famiglia che la sua stessa crescita demografica comporta. Questa crescita può richiedere l’apporto di capitale di rischio di cui la famiglia non dispone o che non è prudente investire su singole attività in un contesto di corretta pianificazione del patrimonio di famiglia. È evidente e storica la tendenza della impresa italiana a mantenere il controllo della propria impresa anche a costo di sacrificarne la crescita. I dati della Banca d’Italia, relativi ad una indagine condotta recentemente su un campione di 421 imprese, rilevano forte concentrazione della proprietà (nel 57.2% delle imprese l’azionista principale detiene la maggioranza assoluta del capitale e nel 63% circa delle imprese, i soggetti controllanti presentano legami di parentela tra di loro); netta è oggi la prevalenza di forme di controllo familiare e la ritrosia all’ingresso di soci esterni, ingresso per lo più collegato alla necessità di una gestione finanziariamente e managerialmente più strutturata. Occorre superare i tabù del controllo a tutti i costi perseguendo modelli di bilanciamento fra controllo e gestione che la riforma del diritto societario del 2004 oggi permette: modelli duale e monistico di controllo, patrimoni destinati, nuova struttura della società a responsabilità limitata, sono tutte novità, ormai già in rodaggio che permettono di contemperare le esigenze dei nuovi soci ed attrarre talenti manageriali con i quali condividere il valore creato insieme. Esiste anche la necessità di gestire e disciplinare in azienda i rapporti interfamiliari ed intrafamiliari.
Nel panorama delle 45 maggiori imprese familiari, solo la metà ha affidato il timone alle mani di un manager esterno, mentre nell’altra metà, il governo dell’impresa si identifica con la proprietà. Nel 35% dei casi il capofamiglia ha il controllo assoluto dell’azienda come persona fisica. La crescita dell’azienda non solo quantitativa, ma soprattutto qualitativa richiede talenti e strutture manageriali adeguate. Il problema più comune che si pone è l’attrarre le persone giuste con un progetto di crescita ed un programma motivante per i manager da cooptare nell’azienda. I migliori manager non vengono attratti da una semplice remunerazione, anche se generosa e competitiva: vengono attratti da un progetto sfidante, da condividere sia nell’impegno che nel successo e nel valore creato. Molto spesso il manager di successo si aspetta, non a torto, di essere coinvolto in alcuni aspetti di governance che inevitabilmente sono contigui alle problematiche che interessano più direttamente la famiglia. Molti di essi diventano advisors e mentors ascoltati e rispettati della famiglia o dei suoi stessi leaders.
Gestire queste sfide, per l’imprenditore e la sua famiglia, non è un impegno che si esaurisce in un intervallo di tempo predeterminato, ma uno sforzo che coinvolge tutti gli individui che possono svolgere un ruolo nella famiglia imprenditoriale. Questo sforzo si sviluppa continuativamente e reiteratamente e deve avvenire in un contesto consapevole, organizzato ed indirizzato da principii ed approcci definiti. Si parla di questo processo come il processo di governance familiare che diventa, nella sua visione più ampia una vera e propria disciplina e che si articola come più avanti descritto in diverse componenti coordinate e complementari. La governance familiare deve anche immunizzare l’impresa, oltre che la famiglia, dagli effetti della discontinuità prodotti del venire meno di un membro importante della famiglia. Non vi è un momento od una età ideale di tali persone per affrontare questo sforzo: occorre avviarlo tempestivamente e tradurlo al più presto in una serie continua di azioni proattive. Alcune fra le linee guida che aiutano l’impresa e la sua famiglia a stabilire e sviluppare la governance familiare riconoscono che: – la conservazione del patrimonio e dell’unità della famiglia è un processo dinamico, di attività di gruppo e di sviluppo della governance familiare; – il processo dinamico è continuo e reiterativo al variare di condizioni significative delle variabili che influenzano l’evoluzione della famiglia e della sua ricchezza; – il processo è partecipativo, includendo anche i membri che hanno un ruolo, anche non imprenditoriale, nell’interesse di tutti i membri e soprattutto in quello delle generazioni future; – il processo deve essere guidato da una leadership chiara e riconosciuta, anche collegiale. Nel caso non sia possibile affermare questa leadership interna occorre ricorrere ad una leadership esterna (advisors, professionisti, persone di fiducia della famiglia); – l’orizzonte temporale è di lungo termine e viene misurato in generazioni. Breve termine per una famiglia si misura in una generazione. Il lungo termine può voler dire tre generazioni, ovvero anche un [continua ..]
Si tratta di definire un vero e proprio “statuto”: un accordo scritto, anche solo in parte, che sancisce principii e regole riguardanti il rapporto fra una famiglia e la sua/le sue imprese. La sua accettazione deve evitare conflitti fra le generazioni, e all’interno di una stessa generazione tramandandosi alle generazioni successive arriva a regolare i rapporti fra parenti estendendosi all’intera dinastia imprenditoriale. Va precisato che per “patti di famiglia” si intende questo sistema di regole di autogoverno, che in forma più o meno formale esiste in molte delle grandi famiglie imprenditoriali in tutto il mondo, ma che nessuna legge disciplina. Di livello totalmente diverso dall’istituto del Patto di Famiglia ex art 768 bisss. introdotto nel nostro ordinamento dalla l. n. 55/2006 che fissa una norma civilistica per il passaggio in vita dell’impresa dal genitore al figlio, strumento citato più avanti. Tali “patti di famiglia”, così intesi, come sistema di regole generali della singola famiglia si stanno diffondendo. In primo luogo perché il passaggio di generazione di solito comporta un ampliamento del numero dei soci coinvolti e ciò implica la necessità di condividere tra più soggetti un patrimonio comune. Secondo, perché molte famiglie imprenditoriali credono che ci debba essere una visione condivisa nel futuro e così molti dei patti iniziano proprio con la citazione dei valori che la famiglia vuole tramandare. Terzo, per definire le modalità di risoluzione delle potenziali situazioni di tensione o di conflitto di interessi tra i soci. Quarto, per impegnare i soci anche moralmente e non solo giuridicamente. Ed infine, quinto, per vietare alcuni comportamenti patologici di sfruttamento dell’impresa da parte della famiglia proprietaria. In altre parole, quando una famiglia ha il dubbio che ci sia qualcuno all’interno della compagine proprietaria con visioni diverse su che cosa sia e a che cosa serva un’impresa, è bene iniziare a stendere i “patti di famiglia”. I “patti di famiglia” devono essere studiati e modellati su ogni singola situazione famigliare. Devono prevedere, ad esempio, come si dovranno comportare tutti gli eredi quando entreranno nell’azienda di famiglia, quali saranno i [continua ..]
Fissate le regole generali, esse vanno tradotte in norme operative sia a livello familiare che a livello aziendale. Si tratta, sia a livello familiare che a livello aziendale di regole formali che hanno valenza giuridica. Al livello familiare saranno disciplinate ad esempio la ripartizione della proprietà, ripartizione dei redditi, gestione e tutela del nome e del marchio, ecc. Al livello aziendale le regole saranno tradotte negli statuti e nei patti di sindacato del gruppo societario e nei regolamenti aziendali. È importante che vi sia coordinamento fra i due livelli: una non chiara leadership e regole della famiglia non sufficientemente specifiche potranno essere tradotte in regole di governo aziendale simmetriche chiare ed efficaci, provocando inevitabilmente distonie, disaccordo o stallo decisionale in azienda. Occorre inoltre gestire dinamicamente nel tempo il fatto che, con il venire meno o con il diminuire della presenza dell’imprenditore capostipite e con la crescita auspicabile della dimensione dell’impresa, proprietà, governo e management, inizialmente accentrati nella figura della singola persona dell’imprenditore, tendono a separarsi. Ciò comporta una forte esigenza e complessità di gestione e coordinamento di queste tre componenti, ma offre anche l’opportunità di articolare meglio i tre livelli, anche formalmente, e di migliorare la gestione, inserendo nuove e migliori risorse, soprattutto esterne, sia nei consigli di amministrazione che nella struttura manageriale dell’impresa.
Attivare e mantenere in funzione il patto di famiglia aggiornando ed allineando la governance di famiglia e di impresa comporta la scelta e l’attivazione degli strumenti più adatti fra quelli che gli strumenti e le norme giuridiche, oltre alle soluzioni che la corporate finance offre. Ne citiamo solo alcuni, quali: - disposizioni testamentarie e successorie; - patto di famiglia ex art. 768 bis c.c.; - trust; - fondazioni; - polizze vita; - patti di impresa; - patti parasociali; - strutture societarie; - holding di famiglia; - statuti; - usufrutto e nuda proprietà; - finanza straordinaria di famiglia; - family buy-out; - management buy-out, buy in; - accesso a mercati regolamentati: IPO; - cessione di rami di azienda. Affrontare in questa sede il tema delle caratteristiche, vantaggi e limiti di ogni singolo strumento, va oltre gli scopi di questo lavoro. Ci interessa notare tuttavia che affrontare il tema del passaggio generazionale partendo dalla valutazione e scelta degli strumenti, come accade molto frequentemente, mette in evidenza i limiti di un disegno che manca di una chiarezza sui contenuti e sulle scelte di fondo di governance familiare e delle modalità della gestione e protezione della ricchezza della famiglia.
La gestione del passaggio generazionale ideale avviene in un ambito organizzato di governance familiare dove le regole dei patti di famiglia sono sviluppate, condivise e mantenute evolvendole attraverso le generazioni. In questo ambito scopi, obiettivi e modalità di gestione dei rapporti intra ed interfamiliari sono codificati e tradotti coerentemente nelle regole operative di governo della famiglia e dell’impresa ed attivati in modo coordinato con l’utilizzo degli strumenti giuridici ed economici più appropriati. Questo contesto organizzato favorisce il raggiungimento degli obiettivi tipici del mantenimento dell’unità dell’impresa familiare, il tramandare la ricchezza materiale ed immateriale attraverso le generazioni, mantenere la destinazione economica dei beni di famiglia e la crescita ed il successo dell’impresa familiare. Sono effettivamente poche le famiglie imprenditoriali che si dotano di regole formali di un “patto di famiglia”, ma certamente lo fanno quelle più antiche, complesse e più grandi per “popolazione” e dimensione del patrimonio, a conferma dell’efficacia dell’approccio. Tuttavia il loro numero è in crescita in tutto il mondo, non solo in Italia, e si scopre che molte famiglie proprietarie di medie e piccole aziende sono attratte da questo approccio ed intraprendono processi di governance familiare più o meno formalizzati, con l’aiuto dei loro professionisti ed advisor. Sono famiglie attratte non solo dalla voglia di “fare dinastia”, ma anche da una crescente coscienza di responsabilità sociale, che le vuole impegnate a fare vivere e crescere la propria azienda nel tempo e non a legarne l’esistenza strettamente al singolo ramo familiare od alla singola generazione.