Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Le imprese di famiglia in Italia: evidenze statistiche (di Alessandra De Rose (Professore ordinario di Demografia. Sapienza Università di Roma) Anna De Pascale (Dottore di ricerca in Demografia. Sapienza Università di Roma)    )


SOMMARIO:

1. La rilevanza delle imprese famigliari nel tessuto imprenditoriale italiano - 2. Questioni definitorie - 3. Una fotografia dai censimenti economici - 4. Dalla parte delle famiglie: l’Indagine della Banca d’Italia - 5. Conclusioni - NOTE


1. La rilevanza delle imprese famigliari nel tessuto imprenditoriale italiano

Parlare di imprese famigliari in Italia significa nella maggior parte dei casi parlare di imprese di piccole e medie dimensioni [1]. La difficoltà di definire univocamente il fenomeno (cfr. il successivo par. 2) induce ad identificare – talvolta erroneamente – la categoria delle imprese di famiglia con quella delle piccole e medie imprese – le PMI. Se è vero, infatti, che le PMI sono tendenzialmente gestite a livello familiare, non è necessariamente verificata la relazione opposta [2]. Vi sono molti esempi di imprese familiari di grandi dimensioni che hanno saputo imporsi non solo sul mercato domestico, ma anche in ambito internazionale: ne sono esempi Fiat, Pirelli, Benetton, Marzotto, Luxottica, Ferrero, Rana. In realtà, le imprese famigliari rappresentano la maggior parte delle organizzazioni economiche in tutto il mondo [3]. Il fenomeno, quindi, interessa gran parte dei paesi industrializzati e non è ascrivibile alla sola realtà italiana, sebbene l’Italia sia uno dei paesi europei in cui tale struttura imprenditoriale è più diffusa. Il “capitalismo famigliare” è, infatti, uno dei caratteri distintivi della nostra economia [4] e trova spiegazione nell’iter evolutivo del processo di industrializzazione che ha interessato il nostro Paese soprattutto a partire dagli anni ’70. L’attuale sistema produttivo italiano è caratterizzato da imprese di ridottissime dimensioni: oltre il 95% delle imprese attive ha meno di 10 addetti e oltre il 50% ne impiega uno solo [5]. Questa caratteristica è interpretata da alcuni studiosi come una vera e propria anomalia, riferendosi al sistema italiano come un Paese affetto da “nanismo cronico” e “foreste di bonsai” [6]. La vera anomalia dell’Italia rispetto agli altri Paesi non è, tuttavia, associata al prevalere di piccole imprese in termini quantitativi, bensì al grado di concentrazione della proprietà e al modo in cui viene esercitato il controllo [7]. Anche la gestione delle PMI italiane è strettamente dipendente dai legami di parentela prevalenti in questa tipologia di impresa. Tale caratteristica differenzia nettamente le family business italiane da quelle di altri Paesi europei (in particolare quelle anglosassoni) e dal modello [continua ..]


2. Questioni definitorie

Prima di affrontare la risposta alla domanda: «Quante sono le imprese di famiglia in Italia?» è necessario soffermarsi sulla definizione stessa di impresa di famiglia. Sono state proposte, infatti, molte diverse definizioni [13] che si basano su diverse combinazioni di proprietà, management, controllo; una società può essere definita come un’impresa di famiglia quando ricorre una delle seguenti caratteristiche: a)un membro della famigliaè il proprietario; b)l’impresaè a conduzione familiare; c)l’impresaè controllata da una famiglia. La definizione più generale richiede, quindi, che l’impresa sia di proprietà o sia gestita da uno o più membri della stessa famiglia. Più estensivamente, si può parlare di impresa famigliare «quando una o poche famiglie, collegate da vincoli di parentela, di affinità o da solide alleanze, detengono una quota del capitale di rischio sufficiente ad assicurare il controllo dell’impresa» [14]. Una definizione condivisa tra i diversi Stati europei è quella proposta dal Family Business Group, costituito in seno alla Commissione Europea, secondo la quale un’impresa di famiglia o “Family business”, di qualunque dimensione, è quella in cui: -    la maggior parte dei poteri decisionali è in possesso del fondatore (o di chi ha acquisito la società) o del suo coniuge, dei genitori, o dei figli o eredi diretti; -    la maggioranza dei diritti di decisione è in mano direttamente o indirettamente alla famiglia fondatrice; -    almeno un rappresentante della famiglia è coinvolto nella governance della società; -    le società quotate in borsa soddisfano la definizione di Family Business se l’imprenditore o suoi discendenti possiedono il 25% dei diritti sul capitale. Naturalmente, a fini della rilevazione statistica occorrono definizioni dai contorni più definiti, che stabiliscano caratteristiche il più possibile semplici e univoche del fenomeno analizzato e che rendano plausibili [continua ..]


3. Una fotografia dai censimenti economici

Ogni dieci anni i censimenti economici forniscono un quadro esaustivo della dimensione e delle caratteristiche del sistema economico nazionale fornendo dati ad un dettaglio territoriale fine. Nel corso del 2012 si è svolto il 9° Censimento dell’Industria e dei Servizi con riferimento alla data del 31 dicembre 2011. Il censimento ha beneficiato per la prima volta di una significativa integrazione tra fonti informative e statistiche diverse. Le informazioni strutturali sulle imprese sono state desunte dai registri statistici e dagli archivi amministrativi, mentre una rilevazione diretta su un campione di oltre 260 mila unità ha consentito di realizzare approfondimenti inediti sui temi della competitività e delle nuove sfide strategiche e organizzative delle imprese italiane [16]. I risultati della rilevazione diretta sulle imprese mostrano un’immagine del sistema produttivo italiano in cui prevalgono modelli di governance relativamente semplificata, caratterizzati da un’elevata concentrazione delle quote di proprietà, un controllo a prevalente carattere familiare e una gestione aziendale accentrata. Il 72,1% delle imprese industriali e dei servizi [17] – cioè circa 2 milioni di imprese – hanno una struttura di tipo familiare, cioè sono controllate direttamente o indirettamente da una persona fisica o da una famiglia. I primi tre azionisti delle imprese italiane (a controllo familiare o meno) detengono mediamente oltre il 90% del capitale sociale dell’impresa; all’interno delle sole imprese a controllo familiare, i primi tre azionisti detengono mediamente il 94% delle quote sociali, il primo socio circa il 70% (tab. 1). La prevalenza delle imprese famigliari diminuisce con l’aumentare della di­mensione dell’azienda: sono controllate da una persona fisica o da una famiglia quasi tre quarti delle microimprese (fino a 9 addetti) e oltre il 60% delle piccole e medie imprese, ma solo il 31% delle grandi (con più di 250 addetti). Il controllo familiare è esteso pressoché nello stesso modo tra tutti i macrosettori, anche se prevale leggermente nel commercio. Il dettaglio fine per settore produttivo (graf. 1) evidenzia che un quarto delle imprese famigliari operano nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio incluso riparazione di autoveicoli e motocicli (25,64%); seguono [continua ..]


4. Dalla parte delle famiglie: l’Indagine della Banca d’Italia

In questo paragrafo cambiamo prospettiva, cioè proviamo a rintracciare la tipologia delle imprese di famiglia a partire dalle famiglie stesse, in modo da valutare quanto e come si inserisce l’attivi­tà imprenditoriale nelle diverse forme di organizzazione familiare. Una fonte di dati molto interessante da questo punto di vista è l’Indagine sui bilanci delle famiglie condotta annualmente dalla Banca d’Italia. Il questionario prevede che, se uno dei rispondenti dichiara di essere titolare o coadiuvante di impresa familiare – cioè gestisce o lavora in un’azienda dove viene impiegata prevalentemente l’opera manuale propria e di familiari che collaborano alla conduzione del­l’attività – al rispondente o al familiare che direttamente gestisce l’azienda viene chiesto di com­pilare anche la “Scheda su Impresa Familiare”, che comprende molte informazioni riguardanti le caratteristiche strutturali dell’impresa stessa. Dall’indagine del 2012 risulta che 153 famiglie su un totale di 8.151 famiglie intervistate (l’1,8% del campione) gestiscono un’azienda, per la quale è stata quindi compilata la corrispon­dente scheda [19]. Si tratta di imprese che operano per il 48% nel settore delle costruzioni, il 19% in quello industriale, il 15,7% agricoltura, ed il resto in altri settori pubblici e privati. Per lo più sono micro-imprese: nel 35% dei casi il numero di addetti è pari a 2, seguono, quelle con un addetto (il 18% delle imprese) e, rispettivamente, con 3 e 4 addetti il 15 e l’11% del totale. Conseguentemente, anche il numero di dipendenti è molto contenuto: il 50% dichiara di non avere dipendenti e una quantità trascurabile dichiara di averne 4 o più. Nel 76% dei casi la quota di proprietà della famiglia è pari al 100%. La forma giuridica prevalente (56,9%) è l’im­presa individuale, seguono la tipologia “Società a nome collettivo” (15,7%) e la “Società semplice di fatto” (12,4%). È interessante confrontare alcune caratteristiche socio-demografiche del rispondente/proprie­tario con quelle dell’imprenditore rilevate dal Censimento Industria e Servizi: trattandosi qui di micro imprese e comprendendo anche quelle agricole, si nota una maggiore presenza di donne (44%), [continua ..]


5. Conclusioni

Definire e rilevare le imprese di famiglia in Italia non è compito agevole. Nonostante il fenomeno sia riconosciuto come di grande rilevo nel tessuto economico e nel sistema imprenditoriale italiano, esso rimane dai contorni sfumati e questo rende difficile anche l’approfondimento demografico del tema. Le diverse fonti statistiche ufficiali, alle quali si è fatto riferimento in questo lavoro, utilizzano – coerentemente con i loro principali obiettivi conoscitivi – definizioni diverse e fanno riferimento a collettivi solo parzialmente sovrapponibili. Il quadro che ne deriva, tuttavia, è estremamente ricco e variegato e merita sicuramente un approfondimento anche qualitativo oltre che quantitativo. Come è stato affermato recentemente a livello europeo [20] (EFB, 2012) nell’attuale contesto di crisi economica, l’Europa e gli stati membri devono far levasul patrimonio più forte, vale a dire l’economia reale, gran parte della quale è legata alla sopravvivenza di milioni di imprese familiari. Per troppo tempo, le politiche si sono basate su una definizione ristretta di impresa basata principalmente sulla dimensione occupazionale e sul fatturato, senza tener conto delle caratteristiche di possesso, controllo e gestione delle aziende stesse. Trascurare questi aspetti – specie nel nostro Paese dove, come visto, il controllo famigliare delle imprese è estremamente diffuso, impedisce di formulare politiche adeguate che possano essere favorevoli alla crescita e alla prosperità.


NOTE