Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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I patti di famiglia e la nuova frontiera dei patti successori (di Fulvio Mecenate (Notaio in Roma, Dottore di Ricerca di diritto civile, Docente presso la Scuola di Notariato «A. Anselmi», Membro esterno della Commissione Studi Consiglio Nazionale del Notariato))


SOMMARIO:

1. Il divieto dei patti successori e i problemi che ne derivano - 2. Il patto di famiglia nell'ambito del sistema delle liberalità inter vivos - 3. Il patto di famiglia come successione anticipata - 4. Il patto di famiglia come patto successorio dispositivo-rinunciativo - 5. La nuova frontiera dei patti successori - NOTE


1. Il divieto dei patti successori e i problemi che ne derivano

    Com’è noto, i patti successori trovano nell’art. 458 c.c. un divieto espresso, riguardante tanto i patti istitutivi che quelli dispositivi o rinunciativi [2]. Il fondamento del divieto, per i patti istitutivi, è identificato nella tutela della libertà testamentaria; per gli altri, nella «radicata ripugnanza sociale verso tutti gli atti di speculazione sull’eredità di persona ancora vivente» [3]. Il divieto sottrae all’autonomia privata un campo di azione molto vasto che, pur avendo confini abbastanza incerti [4], per molto tempo è rimasto assolutamente al di fuori dell’ambito della libertà contrattuale. La disposizione, nella sua assolutezza, comporta soprattutto l’impossibilità di programmare una vicenda successoria condivisa. L’indisponibilità in vita della devoluzione ereditaria, persino tra persone pienamente consenzienti, è stata indicata come principale origine e causa della dispersione delle imprese familiari in occasione di passaggi generazionali [5]. Tra le conseguenze del divieto più tristemente note è poi da annoverare il fatto che un bene oggetto di donazione, per le implicazioni connesse agli interessi dei possibili legittimari del donante, rischia di venir colpito da una sostanziale incommerciabilità, dalla quale è difficilissimo uscire proprio perché la totale indisponibilità anticipata della vicenda successoria rende irrilevante qualsiasi ipotesi di accordo con i soggetti potenzialmente lesi; almeno finché il donante è in vita. La mutata sensibilità sociale ha portato ad una progressiva erosione del divieto. Alcune riforme legislative e diverse pronunce giurisprudenziali hanno aperto negli ultimi dieci anni alcune possibilità, per il civilista, di frequentare e rendere parzialmente disponibile alla collettività una zona di rapporti sociali (quella dei patti successori) precedentemente inaccessibile: una “nuova frontiera”, appunto, che oggi tuttavia appare ancora lontana dall’essere totalmente conquistata. Nel 2005, l’art. 2 del d.l. n. 35 del 14 marzo di quell’anno (conv. l. n. 80/2005) ha aggiunto all’art. 563 c.c. un 4° comma, per effetto del quale è stato reso rinunciabile il diritto a fare opposizione alla donazione. Dunque, un legittimario può [continua ..]


2. Il patto di famiglia nell'ambito del sistema delle liberalità inter vivos

    Per assicurare il passaggio generazionale dell’impresa (presupponendo che difficilmente si possa ricorrere ad un contratto a titolo oneroso) lo strumento della donazione si dimostra di regola insufficiente. L’imprenditore ed il discendente ritenuto idoneo e meritevole che, d’accordo nel trasmettere l’azienda o la partecipazione sociale, ricorressero all’atto tipico di liberalità, vedrebbero il risultato inficiato dalla sostanziale instabilità della donazione, disposta dal legislatore a protezione dei possibili legittimari, con una disciplina che durante la vita dell’imprenditore è indisponibile persino per questi ultimi. Questa instabilità si impernia su tre norme: a) in primo luogo, ai sensi dell’art. 556 c.c. e del richiamo agli artt. 747-750 c.c. in esso contenuto, la riunione fittizia (cioè la somma del patrimonio relitto con il donatum) dev’esser fatta, per i beni donati, «in base al valore che essi avevano al tempo dell’aperta successione». Conseguentemente è impossibile stabilire in anticipo quale sia il valore rappresentato dalla liberalità rispetto alla futura vicenda successoria, e quale possa esserne l’impatto; b) in secondo luogo, l’art. 557, 2° comma dispone l’assoluta irrinunciabilità all’azione di riduzione “finché vive il donante”. Come si è visto, la disposizione è coerente con il divieto dei patti successori rinunciativi; c) infine, gli artt. 561-563 c.c. stabiliscono che, per la tutela dei propri diritti lesi, i legittimari abbiano diritto di vedersi «restituiti, liberi da ogni peso o ipoteca di cui il donatario può averli gravati», i beni che uscirono dal patrimonio del de cuius per effetto della donazione; ed a tal fine, premessa l’escussione del donatario, possono agire per la restituzione dei beni donati anche nei confronti del terzo acquirente. Il patto di famiglia, pur realizzando una (o più) liberalità inter vivos, disattiva tutte le norme di cui sopra ed elimina quindi, tendenzialmente, l’instabilità del passaggio generazionale dell’im­presa. Infatti, ai sensi dell’art. 768 quater c.c., a) i beni assegnati sono imputati alle rispettive quote di legittima «secondo il valore [continua ..]


3. Il patto di famiglia come successione anticipata

    Il patto di famiglia è un atto inter vivos, e precisamente un contratto, con il quale, al pari della donazione, per spirito di liberalità, una parte (che però dev’essere un imprenditore o un socio) arricchisce l’altra parte (uno o più discendenti), disponendo in suo favore di un proprio diritto (specificamente un’azienda o quote partecipative). Non è escluso, naturalmente, che nell’am­bito del patto di famiglia il disponente possa trasferire, in favore degli altri partecipanti alla stipula, beni ulteriori e diversi dall’azienda/partecipazione sociale. Fin qui il patto sembrerebbe da ricondurre esattamente alla causa della donazione [8], salvo alcuni elementi di species che non varrebbero, da soli, a distaccarlo dal genus delle liberalità donative. In realtà la differenza fondamentale tra l’uno e l’altro contratto consiste nella realizzazione di un’anticipata successione in senso tecnico: «Le sostanze di cui si dispone a titolo liberale con il patto di famiglia non vengono in considerazione alla morte del disponente; esse costituiscono infatti una massa giuridicamente distinta dal patrimonio devoluto per il tramite della successione ereditaria» [9]. Con il patto di famiglia si crea in altre parole un coacervo di beni distinto dal resto del patrimonio ereditariamente trasmesso dal de cuius; due masse che non potranno essere assoggettate a riunione fittizia. Neanche l’eventuale sopravvenienza di legittimari che non abbiano partecipato al patto potrà mettere in discussione la separazione delle masse o l’avvenuta definitiva liquidazione dei diritti dei legittimari. Le persone non presenti all’epoca del patto, infatti, possono soltanto chiedere il pagamento della somma corrispondente al valore della quota di legittima, sulla base dei valori fissati nel patto stesso (art. 768 sexies c.c.). In questo modo, la legittima, da situazione assoluta e reale, da diritto ai beni (diritto a una porzione in natura di quanto uscito dal patrimonio del disponente) si trasforma in un credito e in una legittima relativa (perché ancorata ai soli beni assegnati e per il valore che essi avevano al momento dell’attribuzione) [10]. Il patto di famiglia crea una massa separata per raggiungere [continua ..]


4. Il patto di famiglia come patto successorio dispositivo-rinunciativo

    Lo strumento con cui si crea una massa separata, non più riunibile, e con cui sono realizzate le finalità liquidative e divisionali riferite a questa massa separata è costituito da un contratto che comporta anche la sottrazione definitiva dei beni assegnati all’azione di collazione, riduzione e restituzione. Non può esservi dubbio che, in riferimento ai beni oggetto del patto, per i contraenti (almeno, quelli non assegnatari dell’impresa) la manifestazione di consenso abbia, in relazione ai futuri diritti successori, un carattere dispositivo (ove ricevano dei beni) e in ogni caso rinunciativo (perché non potranno più agire con le azioni anzidette). Il patto di famiglia non può dirsi un patto successorio istitutivo, perché le attribuzioni operate dal disponente sono senz’altro liberalità inter vivos, non certo mortis causa; ma è senza dubbio un patto successorio c.d. minore. Lo stesso legislatore ha voluto esplicitarlo, modificando in tal senso l’art. 458 (che impropriamente tuttavia indica il patto di famiglia quale eccezione ai patti istitutivi: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ...»). Quando la famiglia diventa impresa [14] anche la successione condivisa diventa possibile. E tutto ciò è realizzato attraverso una breccia evidente al divieto dei patti successori. Ancora una volta, la lex mercatoria stabilisce dei privilegi per l’imprenditore in deroga al resto del corpo del ius civile e probabilmente ne anticipa le tendenze, in un’osmosi continua che è una caratteristica storica incessante del diritto europeo [15].


5. La nuova frontiera dei patti successori

    Gli artt. 561-563 c.c. e gli artt. 768 ss. c.c., come riformati rispettivamente nel 2005 e 2006, costituiscono delle deroghe di importanza crescente al divieto, già granitico ed assoluto, dei patti successori. Nel frattempo, la dottrina, la giurisprudenza e gli operatori del diritto lavorano incessantemente per trovare nuove aperture e nuovi possibili varchi attraverso i quali il civilista possa guidare la società italiana nell’area, precedentemente infrequentabile, degli accordi mortis causa. Ciò è tanto più evidente nel tentativo oggi in atto di liberare da ostacoli la circolazione dei beni di provenienza donativa; non già per aggirare le norme sulla tutela dei legittimari, ma per attenuare (in armonia con le esigenze della società attuale) la rigida realità ed irrinunciabilità (in vita del donante) dell’azione di riduzione-restituzione. Così, per es., strumenti finora assai dub­bi hanno trovato recentemente pieno appoggio da parte di dottrina, giurisprudenza ed Amministrazione Pubblica [16]. Ancora, si è assistito al consolidamento del principio per cui, nelle donazioni indirette, la riunione fittizia debba riguardare ciò che è uscito dal patrimonio del donante, e non ciò che è entrato nel patrimonio del donatario, che invece è pur sempre oggetto di collazione [17]. Ma anche su quest’ultimo punto una recentissima pronuncia ha introdotto delle limitazioni: il bene ottenuto dal donatario sarà oggetto di collazione solo «tutte le volte in cui, tenendo conto di tutti gli aspetti sostanziali della vicenda negoziale ... e dello scopo ultimo perseguito dal disponente, l’impiego del danaro ... sia compreso nel programma negoziale perseguito dal donante» [18]. Infine e soprattutto, l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea ha comportato l’introduzione nel nostro ordinamento di norme che consentono un notevole spazio ai patti successori anche per i cittadini italiani. Il Reg. n. 650/2012, sul piano del diritto internazionale privato, consente la stipula di patti successori non solo quando siano ammissibili sulla base della legge che disciplina la successione di tutte le parti, ma anche di una parte soltanto, se si opera una scelta sulla legge regolatrice: «Le parti possono scegliere come legge [continua ..]


NOTE