L’art. 709 ter c.p.c. è stato introdotto dalla l. n. 54/2006 con lo scopo di disciplinare la soluzione delle controversie tra genitori nell’esercizio della responsabilità genitoriale e sanzionare eventuali inadempimenti, prevedendo un procedimento azionabile sia in via incidentale che in via autonoma rispetto ad un giudizio di separazione o divorzio. L’articolo introduce dei nuovi rimedi per comporre le divergenze e promuovere la cooperazione tra i genitori allo scopo di tutelare i minori in un’ottica di bi-genitorialità, colmando una grave lacuna del diritto di famiglia italiano.
La Corte di Cassazione (Sez. Un. n. 9978/2016) ha recentemente riconosciuto l’art. 709 ter c.p.c. tra i «rimedi risarcitori con funzione non riparatoria, ma sostanzialmente sanzionatoria» (c.d. “danni punitivi”), istituto non noto al nostro ordinamento, alimentando il vivace dibattito dottrinale sorto circa la natura e le norme applicabili al nuovo istituto.
La scarna formulazione dell’articolo, che non prevede una disciplina sostanziale e procedurale di dettaglio, ha infatti portato a differenti interpretazioni ed opinioni in merito a diversi aspetti (quali competenza, impugnazioni, ...), che l’articolo analizza tramite una disamina delle prime applicazioni giurisprudenziali.
Art. 709 ter of the Civil Procedure Code has been introduced by Law n. 54/2006 with the purpose of regulating the resolution of disputes in the exercise of parental responsibility and sanctioning non-compliance, even independently of any link with a matrimonial proceeding. The article introduces remedies to solve conflicts and promote cooperation between parents in order to protect minors and uphold children’s right to maintain contacts with both of them, filling a gap of Italian family law.
The Italian Supreme Court has recently referred to art. 709 ter as an example of punitive damages (United Sections of Corte di Cassazione, n. 9978/2016), previously unknown to the Italian legal system, enriching the doctrinal debate about nature and rules applicable to new measures.
The incomplete formulation of the article, which does not provide an exhaustive substantial and procedural regulation, has in fact caused different interpretation and opinions about many aspects (such as jurisdiction, appeals, ...), that the article aims to examine focusing on judicial applications.
1. Una premessa - 2. Profili processuali: il presupposto applicativo, la competenza, il rito - 3. Le controversie rilevanti - 4. I provvedimenti adottabili: i provvedimenti opportuni e i rimedi tipizzati, natura dei provvedimenti risarcitori - 5. Le impugnazioni proponibili - 6. Il cumulo dei provvedimenti ex art. 709 ter c.p.c. e l’art. 614 bis c.p.c. - NOTE
Il procedimento previsto dall’art. 709 ter c.p.c. per la soluzione di controversie insorte tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale sulla prole o alle modalità dell’affidamento di quest’ultima, è stato inserito nel codice di rito dall’art. 2 della legge sull’affidamento condiviso (l. 8 febbraio 2006, n. 54) [1]. La norma di cui all’art. 709 ter c.p.c. s’ispira, pertanto, alla medesima ratio sottesa alla riforma sull’affidamento condiviso dei figli e sulla cooperazione tra genitori: garantire un’equilibrata ed armoniosa crescita dei figli attraverso un modello di collaborazione familiare incentrato non più sulla continuità del nucleo familiare bensì sulla valorizzazione dei rapporti con e tra i due genitori. Al fine di perseguire tale finalità, l’art. 709 ter c.p.c. ha introdotto «un procedimento speciale volto a regolamentare le conflittualità insorte tra coniugi in ordine alle modalità attuative dell’affidamento dei minori e a gestire positivamente il rapporto genitori-figli, adesso pure sanzionando le inadempienze e la non attuazione dei provvedimenti giudiziali nella fase patologica del rapporto, nel quadro dell’obiettivo finale di una migliore e più efficace realizzazione del preminente interesse del minore, inevitabilmente coinvolto dalla rottura del menage familiare» [2]. Al minore è stata così garantita una tutela più incisiva che dovrebbe assicurargli una significativa continuità del rapporto genitoriale, in ossequio al “principio della bigenitorialità”, richiedendo ai genitori di collaborare e sanzionandoli per l’eventuale inadempimento. Con l’introduzione di una norma specifica quale quella di cui all’art. 709 ter c.p.c., il legislatore ha colmato una grave lacuna presente nella legislazione familiare e ha soppiantato e superato ogni altro, diverso procedimento in precedenza utilizzato per l’attuazione dei provvedimenti giudiziali relativi all’affidamento dei figli minori [3]. Infatti, sono venute meno le funzioni del giudice dell’esecuzione e quelle del giudice tutelare in materia di verifica e di vigilanza sull’affidamento ed è ora di esclusiva competenza [continua ..]
Il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. può essere instaurato in via principale [5] e in via incidentale nei giudizi di separazione o di divorzio, in quelli proposti a norma dell’art. 710 c.p.c., di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, nullità del matrimonio, Tribunale per i Minorenni, i procedimenti ex artt. 330 e 333 c.c. che non siano stati attratti nella competenza del giudice ordinario e, infine, nella fase di gravame nei confronti dei provvedimenti assunti nei procedimenti sopra richiamati. Il presupposto applicativo della proposizione del procedimento di cui all’art. 709 ter c.p.c. è rappresentato dalla presenza di un provvedimento-sentenza, decreto di omologa o provvedimenti provvisori, ecc. [6] – relativo all’esercizio della responsabilità genitoriale, o delle modalità di affidamento della prole minorenne, a prescindere dall’eventuale carattere definitivo, cautelare o provvisorio del medesimo [7]. In tema di competenza, la lettera della norma stabilisce che, in caso di pendenza di giudizio di separazione (o di divorzio, di nullità del matrimonio o di affidamento dei figli di genitori non coniugati), la competenza spetti al giudice di tali procedimenti (“giudice del procedimento in corso”). Nell’ipotesi in cui il giudizio di separazione (o di divorzio, di nullità del matrimonio o relativo ai figli di genitori non coniugati) si sia definitivamente esaurito (quando la sentenza di separazione sia passata in giudicato o sia inutilmente trascorso il termine breve per proporre reclamo nei confronti del provvedimento di omologazione della separazione consensuale) e la domanda ex art. 709 ter c.p.c. venga proposta, in via autonoma, la competenza è attribuita al giudice che, ai sensi dell’art. 710 c.p.c., sarebbe competente a conoscere della domanda di modifica delle condizioni di separazione (o di revisione di quelle di divorzio o di modifica dei provvedimenti assunti in relazione ai figli di genitori non coniugati), ma con la peculiarità che, in tal caso, si deve far riferimento a quello del “luogo di residenza del minore” [8]. Il foro territorialmente competente, a pena di eccezione rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 38, 3° comma, c.p.c. [9], è, dunque, il luogo in cui il minore convive con il [continua ..]
L’art. 709 ter c.p.c. è previsto per la «soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale» (questioni relative all’istruzione, all’educazione e alla salute) o controversie relative alle modalità dell’affidamento (diritti di visita, tempi di permanenza, ecc.) e, comunque, in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento [16]. Ne discende che, ai sensi del 1° comma dell’art. 709 ter c.p.c., i genitori potranno rivolgersi al giudice solo per ottenere un provvedimento che risolva una controversia insorta tra loro in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale (ad es. scelta della scuola o del luogo di residenza del minore), ovvero delle modalità di affidamento dei figli (ad esempio, individuazione delle spese straordinarie relative all’ambito scolastico e sanitario, ovvero specificazione dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore). Di contro, ai sensi del 2° comma della citata disposizione normativa, i genitori potranno rivolgersi al giudice, anche in mancanza di una controversia insorta tra di loro, allorché si siano già verificate delle gravi inadempienze (ad es. inadempimento totale o parziale all’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli) o delle violazioni (ostacoli frapposti alla frequentazione con il figlio, ovvero, all’opposto, discontinuità nell’esercizio del diritto-dovere di frequentazione della prole) da parte di un genitore, al provvedimento di affidamento. Tuttavia, può accadere che le due autonome fattispecie contenute nel 1° e nel 2° comma dell’art. 709 ter c.p.c. si sovrappongano; ciò avviene tutte le volte in cui un genitore assuma, unilateralmente, una decisione di maggiore interesse per il figlio (ad es. modificando il luogo di residenza del minore), ponendo in essere così facendo, anche un grave inadempimento al provvedimento di affidamento (che impone ai genitori di assumere di comune accordo tali decisioni) nonché un comportamento idoneo ad ostacolare il corretto svolgimento delle modalità di affidamento (stante, ad es. la maggiore distanza tra il nuovo luogo di residenza del figlio e [continua ..]
L’art. 709 ter c.p.c. conferisce al giudice il potere, da un lato, di assumere i “provvedimenti opportuni” per risolvere la controversia in corso [28] – quindi, anche modificando i provvedimenti in vigore – e dall’altro di adottare, a fronte dell’accertamento positivo di un grave inadempimento ovvero del mancato rispetto del contenuto degli obblighi previsti nel provvedimento giudiziale, misure tipiche afflittive [29]. L’art. 709 ter c.p.c., al 2° comma, prevede: «il Giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento può modificare i provvedimenti in vigore e può anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di € 75 a un massimo di € 5.000,00 a favore della Cassa delle Ammende». Conseguentemente, il giudice può adottare le misure sanzionatorie indicate anche congiuntamente, eventualmente, in via gradata, modificare i provvedimenti in vigore o, in alternativa, non apportare alcuna modifica all’originario provvedimento [30]. La prima sanzione contemplata dall’art. 709 ter c.p.c. è costituita dall’ammonimento del genitore inadempiente, ovvero nell’invito rivolto al genitore inadempiente ad astenersi da specifiche condotte omissive o commissive, o nell’avviso che in caso di reiterazione delle predette condotte potrebbero essere adottate sanzioni più gravose. L’ammonimento è la sanzione meno grave e scarsamente penalizzante e, generalmente, viene disposta per punire le condotte dei genitori che ostacolano o impediscono al minore nel diritto a mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con l’altro genitore. Le sanzioni previste ai punti rispettivamente 2 e 3 della norma in esame, definiti rimedi risarcitori, sono la condanna al risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori a favore della prole minore o dell’altro [continua ..]
Un ulteriore aspetto della disciplina di cui all’art. 709 ter c.p.c. è quello relativo alla tipologia di impugnazione esperibile avverso le decisioni assunte all’esito del procedimento in esame. L’ultimo comma dell’art. 709 ter c.p.c. si limita a prevedere con laconicità che «I provvedimenti emessi dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari». Secondo autorevole dottrina, con il ricorso a tale formula, il legislatore non ha voluto fare un mero riferimento alle impugnazioni ordinarie ma ha, sostanzialmente, previsto che per impugnare i provvedimenti pronunciati ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. non sono previste regole particolari, trovando applicazione le ordinarie regole di impugnazione del diritto comune [45]. Questa impostazione è stata condivisa anche dalla giurisprudenza, in particolare, dalla Corte di Cassazione che con la sent. 22 ottobre 2010, n. 21718, ha chiarito come l’espressione costituisca un mero richiamo ai mezzi previsti in via ordinaria per l’impugnazione dei singoli provvedimenti, considerata la loro forma e il loro contenuto [46]. Nello specifico, se il tribunale ha risolto il conflitto con la sentenza di separazione o divorzio, l’impugnazione dovrà essere interposta con le forme dell’appello davanti alla Corte d’Appello; se, invece, vi ha provveduto con decreto in presenza di genitori non coniugati [47], ovvero all’esito del procedimento “autonomo” di cui all’ultima parte del 1° comma dell’art. 709 ter c.p.c., lo strumento sarà quello del reclamo avanti alla Corte d’Appello ex art. 739 c.p.c.; qualora il procedimento sia stato assunto ai sensi dell’art. 710 c.p.c., dovrà di nuovo invocarsi il predetto reclamo. La problematica di maggior rilievo attiene all’impugnabilità, o meno, dei provvedimenti resi ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. in sede di legittimità. Ad oggi, la Cassazione ha escluso l’impugnabilità in sede di legittimità dei provvedimenti di modifica delle condizioni di affidamento e delle sole pronunce di ammonimento, siccome prive dei caratteri della decisorietà e della definitività [48], ammettendolo per tutte le altre decisioni di cui all’art. 709 ter c.p.c., [continua ..]
Per concludere la disamina del procedimento di cui all’art. 709 ter c.p.c., non ci si può esimere dallo svolgere alcune brevi considerazioni in merito alla tematica relativa al rapporto tra l’esaminato procedimento e l’art. 614 bis c.p.c. e la cumulabilità dei provvedimenti previsti rispettivamente da entrambe le norme. L’art. 614 bis c.p.c. è stato introdotto con la riforma del processo civile attuata dall’art. 48 della l. 18 giugno 2009, n. 69, rimodellato dalla L. 27 giugno 2015, n. 83 e modificato dalla l. 6 agosto 2015, n. 132 e costituisce uno strumento generale di attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare alla stregua della c.d. astreinte di matrice francese [53]. Come noto, trattasi di una misura coercitiva per cui il giudice a fronte di un obbligo di fare infungibile o di non fare, fissa la somma dovuta all’avente diritto per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Ai fini dell’applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. vanno chiariti gli obblighi infungibili di fare o non fare nell’ambito del diritto di famiglia. Vengono ritenute obbligazioni infungibili tipiche del diritto di famiglia: curare l’accompagnamento del minore ad una attività, consegnare il minore ad uno dei genitori, favorire e consentire la frequentazione del minore con gli ascendenti, permettere e favorire l’esercizio del diritto di visita e di frequentazione del minore con il genitore non prevalentemente convivente, dare comunicazione all’altro genitore circa il luogo di residenza o di vacanze dei minori, ecc. Il presupposto per l’applicazione della sanzione di cui all’art. 614 bis c.p.c. è che tali obblighi infungibili siano contenuti in un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria nell’ambito di una procedura di famiglia, quale, ad esempio, decreto di omologa della separazione consensuale, sentenza di divorzio, decreti ai sensi dell’art. 710 c.p.c., decreto emesso ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., ecc. Allo stato, è piuttosto controversa nella giurisprudenza di merito l’applicabilità della misura di cui all’art. 614 bis c.p.c. ai procedimenti di famiglia [54]. L’orientamento [continua ..]