1. L'alterazione del setting – Aggancio nevrotico – Modello Operativo Interno - 2. Il sostegno professionale – Sistema di attaccamento/accudimento – Angoscia abbandonica - 3. Coazione a ripetere – Transfert – Spazio di ripresa - 4. Il ruolo dell'avvocato: dalla tradizione al dovere di competenza - NOTE
Il tema del presente articolo non si sviluppa come una estensione sul filo della teoria ma è imposto da evidenze empiriche, ed appare funzionale a dare senso a situazioni relazionali, che argomenti teorici noti non consentono di chiarire sufficientemente, ovvero non ne conservano l’essenza. Una delle più frequenti distorsioni, osservabili all’interno del contesto organizzativo giuridico, è rappresentata da un aggancio confusivo, ambivalente ed antievolutivo, fra i diversi universi mentali in gioco nelle transazioni relazionali; aggancio che si instaura fra mondo psicologico del professionista e quello del cliente. Quando tale evenienza si verifica il professionista (sia appartenente alla sfera socio-sanitaria, che a quella giuridica), ne è solo relativamente consapevole, e ben al di là della propria buona fede, finisce con l’essere agito all’interno di dinamiche invischianti (aggancio nevrotico). Cos’é che determina questo frequente fenomeno distorsivo? L’ipotesi che gli autori propongono è, che la storia inerente i processi separativi del professionista, in assenza di risoluzione, alteri la cornice del setting ed offuschi l’analisi e la conduzione del caso. A partire dalle primigenie esperienze affettivo-relazionali (precoci esperienze umane), ognuno di noi forma un proprio modello di sé, dell’altro, e di sé in relazione all’altro. L’inefficace e difettoso processo di separazione ed individuazione rimane incriptato all’interno del Modello Operativo Interno (MOI = Internal Working Model), del soggetto, e si giocherà sotto la lucente trama della spirale dialettica fra il professionista ed il cliente. È clinicamente notorio come le nostre prime lezioni d’amore tendano a forgiare e modellare sia l’ontogenesi biografica che le aspettative dei processi separativi. Pur essendo frequentemente consapevoli delle disillusioni, i compiti non ultimati nell’infanzia, e le speranze deluse, sono sospinti dal passato e vengono portati nel presente delle relazioni affettive. La professione, deve essere intesa ed osservata come lo scenario privilegiato dell’affettività del professionista. L’affettività del professionista, sottoposta al costante contatto con la sofferenza proveniente da intense emozioni negative, viene sollecitata e corre il rischio di restare [continua ..]
Il cliente cerca dal professionista uno sostegno professionale alle proprie specifiche esigenze. Le cessazioni relazionali (separazioni e divorzi), si accompagnano ad intensi vissuti di dolore (angoscia abbandonica, frustrazione e rabbia). Durante queste evenienze esistenziali, il sistema psicologico prevalente è il sistema di attaccamento/accudimento. In questi momenti il cliente ricerca dal professionista, attraverso la responsività tecnica, sostegno. A sua volta il sistema psicologico del professionista viene sollecitato, ed entrano in gioco non solo le sue competenze meramente tecniche, ma anche la qualità delle proprie dinamiche e della responsività intrafamiliare; si tratta di un indissociabile connubio, che conduce il professionista ad essere in presa diretta con il livello qualitativo delle modalità responsive genitoriali. Ed è per questo motivo che il professionista dev’essere addestrato a gestire le proprie emozioni, per fronteggiare gli affetti negativi che provengono dall’angoscia abbandonica del cliente. Clinicamente si tratta di comprendere come il bambino, che quello specifico professionista è stato, ha vissuto i contesti di angoscia e di ricerca di sostegno, e di che tipo è stata la sensibilità genitoriale alla suddetta angoscia e ricerca di sostegno. Questo modo di considerare il problema permette di comprendere sia la continuità fra Sé biografico e Sé professionale, che l’innesto patologico e disfunzionale fra le richieste separative del cliente, e quelle evolutive del professionista. Le irrisolte dinamiche psico-affettive del professionista, possono fondersi e con-fondersi con la richiesta di aiuto dell’utente. In questo senso gli scenari professionali divengono luoghi critici, che se da un lato permettono di soddisfare fisiologici obiettivi, quali l’autodeterminazione, la realizzazione del sé, il raggiungimento socio-economico, non dovrebbero divenire luoghi di rendez-vous emotivi dove soddisfare gli “obiettivi” nevrotici dei professionisti. Il dibattito che gli autori intendono alimentare, si basa sull’esigenza che articola soggettività a ragione. Così come la responsività genitoriale può esprimersi attraverso molteplici modi, anche la responsività professionale può declinarsi differentemente, e gli esiti varieranno in funzione del modo in cui i [continua ..]
Gli autori promuovono l’idea che nel contesto organizzativo giuridico, nel quale le controversie familiari assumono implicazioni giuridiche, vi sia l’urgente necessità di evitare che i “luoghi” professionali diventino puntuali scenografie delle primigenie versioni storico-affettive dei professionisti. Un lavoro personale consente al professionista uno spazio di ripresa della qualità emotivo-psicologica dei propri processi separativi, creando uno sbarramento che impedisce la trasmissione della vita psichica dell’operatore nell’universo mentale del proprio cliente, ovvero un travaso della vita emotiva del cliente in quella del professionista (perdita del setting). Il rischio è che il professionista cerchi di appagare e compensare insoddisfatti e prolungati bisogni di intimità, e che utilizzi la relazione professionale rimanendovi intrappolato, divenendo il mediatore di un attaccamento insicuro. Il Prof. Freud, nella sua opera Ricordare, ripetere e rielaborare (in Opere, vol. 7, Boringhieri, Torino, 1975), considera il meccanismo psicologico della coazione a ripetere (che consente di riprodurre in azioni i fatti che non si possono ricordare). In questo senso il contesto organizzativo giuridico rischia di divenire, sia per gli operatori dell’area psicologica che di quella giuridica, il luogo privilegiato all’interno del quale ritualizzare i propri insicuri ed irrisolti modelli operativi interni, mediante un trasferimento dal passato al presente (processo di transfert), di tutti quegli impulsi non recenti, che affondano le loro radici a partire dalle precocissime relazioni oggettuali (relazioni affettive che un bambino vive all’interno del proprio sistema allevante e strutturante). In sintesi una carente elaborazione del processo di separazione-individuazione del professionista, potrebbe condurre ad una alterata lettura delle dinamiche emotive inerenti i processi separativi dell’utente, con perdita della funzione di custodia e di governo del setting ed invischiamento collusivo del professionista (il termine colludere si usa nel suo significato etimologico cum ludere, ovvero giocare con), con il mondo psicologico del cliente. Vi è la necessità, per tutti gli operatori delle helping professions (professioni di aiuto sociale), di uscire dalla fase di unicità simbiotica, per entrare in quella della [continua ..]
Nell’esercizio del proprio mandato l’operatore giuridico deve contemplare sicurezza emotiva attraverso un’attenta modulazione affettiva; divenire un contatore geiger delle proprie emozioni, di quelle altrui, e di quelle scaturenti dall’intreccio delle suddette; essere essenzialmente educato alla propria regolamentazione intrapsichica, ed uniformarsi scrupolosamente alle regole deontiche, alle regole del dovere essere della propria professione [1]. Il codice deontologico degli Avvocati Europei del CCBE ci ricorda che «In una società fondata sul rispetto della giustizia, l’avvocato riveste un ruolo speciale. Il suo compito non si limita al fedele adempimento di un mandato nell’ambito della legge. L’avvocato deve garantire il rispetto dello Stato di Diritto e gli interessi di coloro di cui deve difendere i diritti e le libertà; l’avvocato ha il dovere non solo di difendere la causa ma anche di essere il consigliere del proprio cliente. Il rispetto della funzione professionale dell’avvocato è una condizione essenziale dello Stato di diritto e di una società democratica» (codice deontologico degli Avvocati Europei del CCBE, art. 1.1). Deve quindi esservi un innesto tra tradizione ed innovazione del ruolo dell’avvocato affinché la solidità della professione possa essere riedificata, ridefinita per poter percorrere utilmente il passaggio dalla modernità alla post-modernità. Tale passaggio ha come snodo fondamentale la formazione dell’avvocato che dovrà essere sapiente non solo nel diritto che tratta, ma anche nella gestione dei processi separativi, acquisendo in primis la capacità di ascoltare per potersi sintonizzare sul livello affettivo non solo del proprio assistito, ma anche dell’altro coniuge o convivente. Riuscire a porsi in sintonia con l’altro richiede non solo la capacità di ascolto, ma anche una buona disposizione della mente alla ricettività; tali attenzioni rivolte al livello affettivo del cliente saranno utili se riusciremo ad incontrare noi stessi al suo stesso livello affettivo. Occorre quindi che l’avvocato che intenda svolgere la propria attività professionale nell’ambito delle relazioni intra-familiari acquisisca delle pre-abilità di base, connotanti la formazione specialistica. Le norme deontologiche quale ausilio ci [continua ..]