Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Relazioni familiari: violazione dei provvedimenti del giudice civile. Forme di tutela penale (di Gianluca Luongo (Avvocato penalista del Foro di Roma))


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. I diritti dei coniugi e dei minori: provvedimenti di tutela emanati dal Giudice civile e dal Giudice per i minorenni - 3. La tutela penale di ordine generale - 4. La pratica attuazione dei provvedimenti del G.O. e del G.M.: de iure condendo - NOTE


1. Premessa

Il provvedimento con il quale il Giudice è chiamato a decidere una controversia mira a ristabilire l’equilibrio turbato dal comportamento che ha determinato la violazione di un diritto espressamente previsto come tale dalla legge. Il potere di dirimere i conflitti e di emanare decisioni vincolanti assegnato all’Autorità Giudiziaria rappresenta una parziale cessione di sovranità che ogni consociato fa, per il solo fatto di essere parte di uno Stato-Nazione, sin dal principio e una volta per tutte nel momento stesso in cui viene ad esistenza; essa rappresenta il prezzo – necessario – imposto a ciascuno di noi affinché nell’ordinamento giuridico non prevalga la regola del più forte ma la regola democratica della tutela dei diritti che ogni Nazione è disposta a riconoscere per l’ordinata e civile convivenza. Al fine di graduare gli interventi volti a ripristinare l’equilibrio turbato, ogni ordinamento giuridico prevede una gradualità di risposte, anche e soprattutto quale diretta conseguenza dellagra­vità della violazione commessa. Il ricorso al Giudice civile è certamente uno dei rimedi previsti dall’ordinamento giuridico per la tutela di posizioni giuridiche soggettive riconosciute dalla legge; naturalmente il suo intervento può essere provocato non solo per dirimere una controversia, ma anche per ratificare un accordo intervenuto tra due persone (si pensi alla omologa del Tribunale dell’accordo tra i coniugi nel caso di separazione personale consensuale), al quale la legge attribuisce un tale rilievo da richiedere un controllo di legalità sul suo contenuto, senza che il Giudice possa operare alcuna integrazione della volontà negoziale delle parti, fatta salva la facoltà del Tribunale di integrare o sostituire d’ufficio gli accordi relativi ai figli minori [120]. Nei casi più gravi l’ordinamento appresta una tutela penale mediante la repressione della condotta che integri gli estremi di una fattispecie prevista dalla legge come reato. In un paese come l’Italia, nel quale tuttavia la presenza di norme spesso discordanti o, nella migliore delle ipotesi, scarsamente coordinate tra loro, determina un ricorso massiccio alla supplenza del potere giudiziario, sia la tutela civile che la tutela penale dei diritti sconta purtroppo l’impatto di un numero esorbitante di [continua ..]


2. I diritti dei coniugi e dei minori: provvedimenti di tutela emanati dal Giudice civile e dal Giudice per i minorenni

Con il matrimonio i coniugi acquistano diritti e doveri reciproci; la loro tutela è certamente rimessa alla cognizione del giudice civile, il quale emette un provvedimento la cui osservanza può essere imposta al coniuge inadempiente in via coatta. Nella maggior parte dei casi tuttavia, fatti salvi i rapporti tra i coniugi che attengano la sfera patrimoniale, la pratica attuazione delle decisioni assunte dall’Autorità Giudiziaria passa necessariamente attraverso la collaborazione del coniuge soccombente. In questi casi l’ostruzionismo eventualmente opposto dal soccombente rischia di pregiudicare le pur legittime aspettative del vincitore, il quale si trova a dover superare difficoltà a volte quasi insormontabili. È per questa ragione che l’ordinamento prevede forme di tutela, per così dire indiretta, dei provvedimenti giurisdizionali. Si pensi ad esempio all’obbligo di fedeltà reciproca o all’obbligo di assistenza morale previsti dall’art. 143 c.c.; essi non possono certo essere imposti mediante una decisione giurisdizionale, tuttavia la loro violazione può determinare l’addebito della sentenza di separazione e, nei casi più gravi in cui sia accertata la violazione di diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, un obbligo risarcitorio a carico del coniuge responsabile della condotta lesiva [121]. Il mancato rispetto di un provvedimento con il quale sia stata giudizialmente accertata la violazione di un diritto espone infine l’autore della condotta ad una responsabilità finanche di tipo penale. Infatti l’ordinamento penale prevede forme di tutela e di repressione dei comportamenti di inosservanza agli obblighi imposti dai provvedimenti assunti dall’Autorità giudiziaria. Sebbene il fine che si propone la norma sia quello di tutelare l’autorità e l’effettività della giustizia, l’effetto che ne consegue è quello di dissuadere l’inosservanza di un provvedimento emesso dal giudice civile e di reprimere quei comportamenti che abbiano violato tale disposizione, approntando di fatto una tutela indiretta al diritto accertato in via primaria con il provvedimento giurisdizionale violato dall’autore del reato. In posizione per così dire intermedia tra la prima forma di tutela e i casi più gravi di [continua ..]


3. La tutela penale di ordine generale

A differenza degli ordini di protezione il ricorso alla giustizia penale comporta una forma di tutela indiretta, in quanto anche la sentenza con la quale si accerti la violazione della norma prevista dalla legge come reato non determina, di per sé sola, il ristabilimento dell’equilibrio violato, ma punisce unicamente l’autore di quella condotta per il solo fatto di averla posta in essere. Sotto un profilo più generale e di politica criminale è tuttavia possibile attribuire alla tutela penale una forza dissuasiva nei confronti di comportamenti contra legem, potendosi ricomprendere in questa ampia categoria naturalmente anche quelle condotte che siano pregiudizievoli per il coniuge, il convivente o i figli. Esaminare la portata e l’effettiva incidenza di alcune norme deputate alla protezione delle relazioni in ambito familiare non appare pertanto esercizio superfluo. 3.1. L’art. 388 c.p. Per primo deve essere esaminato l’art. 388 c.p. Esso ha una portata generale, poiché riguarda la mancata, dolosa attuazione di un provvedimento assunto dall’Autorità giudiziaria. Non specificamente un provvedimento in materia di protezione familiare, anche se in verità – e lo si vedrà – il 2° comma fa espresso riferimento alle ipotesi di violazione dei provvedimenti in materia di affidamento dei figli o di persone incapaci. Non a caso l’applicazione pratica che se ne è avuta in questi anni ha molto spesso riguardato proprio la violazione delle decisioni assunte dal giudice in materia di regolazione dei rapporti tra coniugi nella fase post-matrimoniale. L’esame della natura dei provvedimenti che può assumere il giudice civile in materia di protezione familiare è fondamentale al fine di poter verificare la possibilità di fare ricorso alla predetta tutela penale nei casi più gravi di loro violazione. Il codice Rocco, già nella sua originaria formulazione del 1930, prevedeva una tutela generalizzata nei confronti di quei comportamenti contrari al disposto di una sentenza emanata dall’Au­torità giudiziaria civile. Si tratta della fattispecie criminosa prevista e punita per l’appunto dall’art. 388 c.p., rubricato sotto il titolo Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La sua formulazione ha subìto numerose parziali modifiche nel [continua ..]


4. La pratica attuazione dei provvedimenti del G.O. e del G.M.: de iure condendo

Purtroppo le cronache degli ultimi mesi del 2012 hanno raccontato la triste vicenda dell’enne­simo figlio conteso. È il caso del minore di Cittadella, in provincia di Padova, prelevato a forza dal padre – coadiuvato dalle forze di polizia e dai servizi sociali – all’interno dell’istituto scolastico che frequenta, in esecuzione di un provvedimento della Corte d’Appello. La vicenda, per la crudezza delle immagini riprese da uno dei familiari del minore, ha destato profondissima e motivata angoscia; poiché essa certamente non rappresenta un evento isolato, è necessario riflettere sull’adeguatezza e sull’efficacia dei rimedi previsti in casi analoghi dal nostro ordinamento, nella convinzione che in casi del genere si rischia di provocare danni ancora maggiori di quelli che si vorrebbero evitare. Posto che gli ordini di protezione, ai sensi degli artt. 342 bis e 342 ter c.c., non sono applicabili al caso di specie in quanto destinati unicamente alla tutela reciproca dei coniugi o dei conviventi e non a quella del figlio minore nei confronti del genitore che assuma una condotta riconosciuta come contraria ai suoi interessi, o addirittura dannosa per il suo sviluppo psico-fisico, il problema del caso di Cittadella non è tanto quello di introdurre nuovi istituti di diritto sostanziale civile, posto che quelli esistenti appaiono in verità adeguati, quanto piuttosto far sì che i relativi procedimenti si svolgano nel più breve tempo possibile e, una volta conclusa la fase cognitiva ed emanata la decisione, siano previsti strumenti adeguati per la loro attuazione. Di quella vicenda sappiamo dai mezzi di informazione che il prelievo coatto del minore presso l’istituto scolastico è stato in realtà l’epilogo di una serie di tentativi posti in essere in precedenza dal padre, purtroppo non andati a buon fine a causa dell’ostruzionismo della madre e dei parenti. Quell’epilogo così traumatico per il minore è la conseguenza della inadeguatezza degli strumenti previsti in tali casi dall’ordinamento e della insufficienza delle risorse organizzative a disposizione delle diverse autorità, giudiziaria, di pubblica sicurezza e dei servizi sociali, chiamate a dare pratica attuazione alle decisioni in materia familiare. Pur con la difficoltà di esaminare un caso del quale si [continua ..]


NOTE