Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


I procedimenti di separazione, divorzio, scioglimento di unione civile e di affidamento di figli di coppie non coniugate: problemi e criticità (di Alberto Figone (Avvocato in Genova; Direttore scientifico Scuola di alta Formazione AIAF “Milena Pini”))


Per effetto del progressivo adeguamento ai cambiamenti sociali intervenuti negli anni il diritto di famiglia prevede tutt’oggi procedure diverse per regolamentare la responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli in caso di crisi di coppie coniugate o meno.

La separazione personale dei coniugi, il divorzio e lo scioglimento delle unioni civili – così come previste e disciplinate dalla l. n. 76/2016 – sono disciplinati dagli artt. 706 ss. c.p.c. e dalla l. n. 898/1970, mentre per le coppie il rito applicabile è regolato dagli artt. 737 ss. c.p.c.

Altre differenze sono ravvisabili dopo l’introduzione della procedura di negoziazione assistita con la l. n. 162/2014, che non consente alle coppie non coniugate di definire la propria crisi di coppia conformemente a quanto accade per la separazione personale o il divorzio (art. 6).

L’articolo esamina le diverse procedure sopra indicate e le regole applicabili (in termini di prove, impugnazioni, ...), evidenziando le censurabili discriminazioni causate tra figli di coppie sposate o meno ed auspicando che il legislatore intervenga per prevedere una procedura unitaria e regole uniformi.

As a consequence of its progressive adjustment to society changes family law still provides different procedures to regulate parental responsibility and custody in case of crisis of married or unmarried couples.

Legal separation, divorce and dissolution of civil unions – as introduced by Law n. 76/2016 – are ordered by artt. 706 and following of the Code of Civil Procedure and by Law n. 898/1970, while for unmarried couples the applicable procedure is prescribed by art. 737 and following of the Code of Civil Procedure.

Further differences come from the introduction of assisted negotiation by Law n. 162/2014, which does not apply to separation of unmarried couples.

The article examines the different procedures mentioned above and applicable rules (in terms of evidence, appeals, ....), censuring the discrimination caused to children depending on the legal status of their parents and wishing for a unique and uniform procedure.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. I procedimenti di separazione e divorzio - 3. Il procedimento per l’affidamento di figli di coppia non coniugata - 4. Le impugnazioni - 5. Lo scioglimento dell’unione civile - 6. La negazione assistita - 7. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

Come è noto, il procedimento di separazione personale e quello di divorzio sono disciplinati rispettivamente nel codice di rito e nella legge speciale (l. n. 898/1970 e succ. modif.). La ragione è da individuare nella introduzione successiva nel nostro ordinamento del divorzio rispetto alla separazione e, quindi, nella devoluzione ad una legge ordinaria di tale istituto, sotto l’aspetto sostanziale e processuale. Il legislatore ha cercato in vario modo un coordinamento tra i due riti: l’art. 23 della l. n. 74/1987 ha previsto l’estensione del nuovo art. 4 della l. n. 898/1970 ai giudizi di separazione personale «fino all’entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile»; l’art. 4 della l. n. 54/2006 (sull’affidamento condiviso e non solo) novellando il codice di rito in ordine alla separazione, ha stabilito che le disposizioni della legge debbano trovare applicazione «anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati»; il d.lgs. n. 154/2013 contempla una disciplina uniforme sull’affidamento dei figli in ogni situazione di crisi della coppia genitoriale, fondata a meno sul matrimonio. In questo contesto il d.l. n. 132/2014, convertito nella l. n. 162/2014, ha introdotto la negoziazione assistita ed il ricorso diretto all’ufficiale di stato civile quale strumento per la soluzione concordata della separazione e del divorzio (escludendone peraltro l’applicazione in relazione alle coppie non coniugate con figli). Da ultimo la l. n. 76/2016 ha richiamato la disciplina divorzile di cui alla l. n. 898/1970, quanto al rito applicabile allo scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Il continuo “rincorrersi” delle norme sulla separazione e sul divorzio ha dato luogo a varie questioni interpretative, non certo risolte da generici richiami interni alle relative discipline. Per di più, il d.lgs. n. 154/2013, novellando l’art. 38 disp. att. c.c., ha esteso il rito della camera di consiglio (art. 737 c.p.c.) anche alle controversie afferenti l’affidamento dei figli non matrimoniali, devolute alla cognizione del Tribunale ordinario, introducendo così una disparità di trattamento tra i figli, a seconda del loro status, nella crisi della coppia genitoriale. Da [continua ..]


2. I procedimenti di separazione e divorzio

È affermazione che si ripete come un “mantra” nella giurisprudenza quella per cui, con la riforma del 2005, si è confermata la natura bifasica dei procedimenti di separazione e divorzio. Ad una prima fase, di matrice camerale, davanti al Presidente, ne segue una seconda, di tipo contenzioso, innanzi al G.I. Da tale premessa si desume il divieto di introdurre in questi procedimenti domande che non siano strettamente connesse a quelle che costituiscono l’oggetto essenziale dei procedimenti stessi (affievolimento o scioglimento del vincolo, assegno di mantenimento o divorzile, affidamento dei figli e contributo al loro mantenimento anche se maggiorenni e non autosufficienti, assegnazione della casa familiare); l’art. 40 c.p.c. esclude, infatti, di regola la possibilità di riunione ad un procedimento speciale di domande soggette al rito ordinario (quali potrebbero essere quelle di risarcimento del danno endofamiliare, ovvero di divisione di beni oggetto di comunione legale o ordinaria fra i coniugi). L’affermazione così formulata non soddisfa. Le domande “eccentriche” rispetto a quelle che costituiscono il contenuto “necessario” della separazione o del divorzio non entrano certamente nella fase presidenziale dei giudizi in questione, quando sono assunti i provvedimenti provvisori ed urgenti. Esse potrebbero essere introdotte in giudizio solo nella fase davanti all’istrutto­re, siccome ritualmente proposte con la memoria integrativa, ovvero con la comparsa di costituzione e risposta; a rigor di logica quindi nessuna preclusione dovrebbe derivare dalla specialità del rito, essendosi ormai esaurita la fase camerale. Vero è allora che, sulla base di un argomento formale (il richiamo alle ipotesi di sola connessione “forte”, siccome legittimanti il cumulo di domande assoggettate a riti diversi) si vuole in realtà evitare che nei procedimenti di separazione e divorzio, già di per sé delicati e complessi per la presenza degli interessi in gioco, siano introdotte ulteriori e diverse domande, che potrebbero comportare una dilatazione dei tempi insieme con il ridimensionamento dei diritti e degli interessi di natura personale che costituiscono invece l’elemento essenziale dei giudizi della crisi familiare. Il passaggio dall’una all’altra fase è rappresentato dall’ordinanza con cui sono assunti i [continua ..]


3. Il procedimento per l’affidamento di figli di coppia non coniugata

Il procedimento in oggetto, come si è anticipato, è disciplinato dalle norme di cui all’art. 737 c.p.c. Eppure le questioni dibattute, per quanto qui rileva, sono in tutto e per tutto identiche a quelle che contrappongono i genitori coniugati nei giudizi di separazione e di divorzio (affidamento, collocazione dei figli, contributo al mantenimento, assegnazione della casa). Anche per i figli di coppia non coniugata possono rendersi necessarie indagini istruttorie per accertare il miglior regime di affidamento possibile, piuttosto che l’entità dei patrimoni dei genitori, in funzione di un contributo al mantenimento corrispondente. Eppure le scarne previsioni di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. non contemplano espressamente la possibilità di provvedimenti provvisori, prodromici alla decisione definitiva. Si assiste sovente nella prassi alla tenden­za di non dar corso ad istruttoria nelle controversie relative ai figli non matrimoniali, come pure alla ritrosia nell’assumere provvedimenti provvisori quando un’istruttoria fosse invece ritenuta necessaria: ciò in aderenza a quanto si verificava in precedenza davanti al Tribunale per i Minorenni, quando lo stesso era competente in ordine a tutti i profili (personali e patrimoniali) dei c.d. figli naturali. Va qui rammentato come la competenza ad assumere provvedimenti prov­visori (la cui legittimità viene desunta dall’art. 710 c.p.c. proprio del rito della modifica delle condizioni) sia sempre e comunque del collegio, atteso che il rito camerale non contempla la figura del G.I. (e ciò a prescindere dal fatto che presso numerosi tribunali l’udienza sia tenuta dal giudice delegato il quale peraltro non ha poteri decisionali autonomi). In alcune realtà giudiziarie sono state elaborate forme particolari di rito, per cercare di adattare le scarse previsioni normative del giudizio camerale con la tutela dei diritti delle parti e dei figli (si pensi al c.d. rito partecipativo proprio dell’esperienza milanese, in cui la prima udienza, destinata al raggiungimento di un accordo tra le parti, viene assegnata, di regola, ad un giudice onorario dello stesso Tribunale ordinario, che verrà poi investito della controversia, nella composizione togata, in difetto di una definizione concordata) [2]. Una volta che si ammetta la possibilità di assumere nel rito camerale provvedimenti [continua ..]


4. Le impugnazioni

I provvedimenti che definiscono i giudizi contenziosi di separazione e divorzio assumono la veste della sentenza. Essi sono dunque soggetti ad impugnazione tramite appello, nel termine di trenta giorni dalla notifica, anche quanto ai capi afferenti i figli della coppia. Di contro, la forma dell’analogo provvedimento reso in ordine ai figli di coppie non sposate, è quella del decreto, suscettibile di reclamo ex art. 739 c.p.c., nel più breve termine di dieci giorni, decorrenti, come per l’appello dalla notifica del provvedimento ad opera della parte vittoriosa. Si tratta di un’altra grave forma di discriminazione tra i figli, che non ha ragione di essere e che penalizza la prole non matrimoniale, a dispetto dell’affermazione di uno stato unico della filiazione, contemplato dall’art. 315 c.c. Tutti i provvedimenti, sentenza e decreto, non sono più appellabili o reclamabili decorso il termine di sei mesi dalla loro emissione, in mancanza di notifica ex art. 327 c.p.c. Gli stessi, ovviamente, saranno sempre suscettibili di modifica o revisione, in presenza di fatti nuovi, che alterino la situazione fattuale, sussunta nel provvedimento stesso.


5. Lo scioglimento dell’unione civile

Tutte le problematiche sopra evidenziate si estendono anche allo scioglimento dell’unione civile, come si è anticipato strutturato sul modello del rito divorzile [5]. Ancorché meno frequente è tuttavia ben possibile che il giudice debba affrontare, anche in questo caso, questioni di affidamento dei figli comuni della coppia dello stesso sesso (figli di uno solo dei componenti dell’unione, ma adottati dall’altro ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, ovvero figli adottati da entrambi i componenti della coppia nei Paesi che tanto ammettono, piuttosto che attribuiti ad entrambi in atti di nascita legalmente formati in un Paese straniero, secondo la legislazione ivi vigente). Sono infatti sempre più numerose gli interventi giurisprudenziali volti a riconoscere e valorizzare nuove forme di genitorialità, all’interno di famiglie diverse da quella tradizionale eterosessuale [6].


6. La negazione assistita

Altro grave vulnus che discrimina i figli a seconda del loro status è rappresentato dalla normativa in precedenza richiamata sulla negoziazione assistita. Solo la coppia coniugata con figli può definire la separazione o il divorzio (ma oggi anche lo scioglimento di unione civile) tramite il ricorso alla negoziazione ex art. 6, l. n. 162/2014. Questa possibilità non è, invece, offerta alla coppia con figli ma non unita in matrimonio, la quale potrà se mai presentare domanda congiunta ex artt. 316 e 337 bis c.p.c. La previsione normativa non ha ragione d’essere ed è frutto di una vera e propria lacuna della legge, che non può essere emendata in via di interpretazione. Occorrerebbe, infatti, fosse specificato quale sia l’organo cui il P.M. dovrebbe rimettere gli atti quando ritenesse di negare la propria autorizzazione all’accordo raggiunto tra i genitori. Limitare il ricorso alla negoziazione ai genitori non uniti in matrimonio è sintomo di un atteggiamento di disfavore verso i figli nati al di fuori del matrimonio, che si realizza tramite l’imposizione del vaglio giudiziale per l’efficacia e la validità degli accordi intercorsi tra i genitori stessi [7]. Nessuna possibilità invece di ricorrere al procedimento semplificato di cui all’art. 12 del d.l. n. 132/2016 e n. 162/2016 per le coppie, coniugate o meno, con figli.


7. Conclusioni

È auspicabile che nella prossima nuova legislatura sia posto mano ad una riforma processuale che snellisca, coordini e rende uniformi i procedimenti della crisi della famiglia, sia essa fondata o meno sul matrimonio o sull’unione civile. È del pari auspicabile la tanto attesa riforma ordinamentale con la creazione di sezioni specializzate presso il tribunale nella materia delle relazioni familiari, della persona e dei minori, che possa evitare gli annosi problemi di competenza tra i vari giudici, chiamati a vario titolo a pronunciarsi (Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni, giudice tutelare).  


NOTE